Genelec, monitor pompati su cui è impossibile mixare? Sì ma… In che film???

In questi ultimi tempi mi è capitato piuttosto spesso di leggere che i monitor dell’azienda finlandese Genelec  sarebbero “casse pompate”, “troppo colorate”, “buone per l’ Hi-Fi ma inadatte per mixare”. Niente di più sbagliato, e allora voglio dirvi come la penso e perché.

Cominciamo con lo sfatare un paio di miti: il primo è quello che per definire un suono come poco attendibile usa l’espressione “Hi-Fi”. È un’affermazione grave e intrinsecamente aggressiva da parte degli appassionati di recording verso un’altra categoria di fruitori della musica, perché è come dire che gli appassionati di alta fedeltà sono dei babbioni che cercano un suono falso, e che i costruttori di diffusori per uso domestico fanno “casse punz-punz, tzing-tzing”. Niente di più sbagliato: in alta fedeltà ci sono fior fiore di appassionati competenti e decine di produttori all’avanguardia nella ricerca in elettroacustica. Questi ultimi in particolare hanno sviluppato negli ultimi cinque decenni tecnologie molto importanti che hanno rivoluzionato il settore dei diffusori acustici rispetto all’uso di un tempo di altoparlanti in carta e mobili di grandi dimensioni. Alcune di queste tecnologie riguardano per esempio l’uso del laser per lo studio dei materiali (KEF), le membrane dei woofer in materiali quali il polipropilene (KEF e tutta la scuola inglese), il kevlar (B&W), l’alluminio, i sandwich di compositi con la fibra di vetro (Focal), le cupole dei tweeter in diamante (ancora B&W), i mobili rigidissimi e inerti (Magico), i più avanzati trasduttori coassiali (TAD). C’è tanta di quella ricerca nelle “casse” da Hi-Fi che è veramente superficiale snobbare questo settore, e del resto alcuni diffusori nati per uso domestico come per esempio i Bowers&Wilkins serie 800 sono da decenni usati come monitor negli studi di registrazione dedicati alla musica classica. Inoltre oggigiorno moltissimi studi di mastering impiegano diffusori da decine di migliaia di Euro nati per uso Hi-Fi e realizzati dai costruttori più all’avanguardia.

B&W serie 800 D3 ai Real World Studios

Forse chi parla di suono “Hi-Fi” si riferisce a quella minoranza di appassionati, in genere assai poco esperti, che usano curve di equalizzazione “smiley” e cioè che “sorridono” perché hanno i bassi e gli alti in evidenza, ma certamente non c’è niente di più lontano dalla realtà dall’affermare che i diffusori Hi-Fi suonino così: gli appassionati in casa ricercano un suono lineare e pulito, e certamente non spendono decine di migliaia di Euro per ascoltare come in una discoteca-friggitoria-polleria della più desolata provincia italiana.

Un equalizzatore con una curva “smiley”

C’è poi un secondo equivoco da chiarire, e questa volta riguarda Genelec: ben lungi dal fare “casse buone solo per l’ascolto domestico”, il costruttore finlandese è dal 1978 uno dei maggiori produttori di monitor professionali: il primo ordine che l’azienda ricevette nella sua storia fu proprio dalla RAI Radiotelevisione Italiana e il secondo dalla omologa finlandese YLE, ovvero posti in cui non credo proprio che operino dei rincoglioniti audiofili che vogliono sentire tutto “punz-punz, tzing-tzing”. Negli anni successivi, Genelec si è specializzata nel monitoraggio professionale con i grandi monitor flushmount 1035A, 1034A e 1033A.

Dei grandi monitor Genelec flushmount

Se andiamo a guardare all’oggi, in cima al catalogo Genelec di monitor compatti troviamo la serie “The Ones” (cioè i modelli 8331, 8341, 8351) che sono dei tre vie di altissima caratura con midrange e tweeter coassiali, degli anticonvenzionali woofer ellittici, correzione digitale della risposta in ambiente e prezzi per coppia compresi tra 4.400 e 6.200 Euro circa. Il modello maggior 8351 vanta una strepitosa risposta 38 – 21.000 Hz in un ristrettissimo intervallo  di ±1,5 dB, e quindi la linearità è davvero totale. Inoltre, ed è notizia di questi giorni, i modelli 8331 e 8341, hanno appena ricevuto il TEC Award for Outstanding Technical Achievement nella categoria Studio Monitor, e sinceramente non credo che la giuria di professionisti che assegnano i TEC avrebbe mai scelto dei monitor su cui non si può mixare.

Sarebbe dunque strano se un costruttore con una simile storia facesse diffusori “buoni per ascoltare ma troppo colorati per mixare”! Vi è anzi da dire che negli anni Genelec ha provato ad aggredire anche il mercato Hi-Fi, ma sempre con successo piuttosto basso visto che gli audiofili (che non sono dei babbioni come crediamo noi musicisti e fonici…) hanno ritenuto i diffusori finlandesi avere un’impostazione troppo “monitor”.

Io, lo ammetto, sono un “genelechista” convinto: i monitor finlandesi sono da sempre nelle posizioni altissime della mia personale classifica di diffusori da studio, e da quasi 14 anni sono felicissimo possessore di una coppia di 8040A che uso come mio principale sistema di monitoraggio, nonostante per lavoro abbia provato una cinquantina di sistemi di altri costruttori.

La risposta in frequenza del Genelec 8040A a varie angolazioni. Si noti come a 0° (cioè in asse) sia estremamente piatta.

Inoltre, negli anni mi è capitato di provare per lunghi periodi altri modelli della casa, quali 1030A, 1031A, 8030 e 8050. Pur con differenze anche sensibili tra modello e modello (non tutti sono riusciti ugualmente bene, a mio parere), durante tutte queste esperienze ho riscontrato sempre il solito carattere Genelec mutuato dai grandi sistemi degli studi pro, fatto di linearità estrema, profonda attenzione al dettaglio, scena sonora molto proiettata in avanti e non molto profonda, basso veloce e per niente gonfiato.

In sintesi, il suono Genelec è l’esatto opposto del suono “hyped” che ho citato in apertura. Ma allora, com’è possibile che questa voce a danno del costruttore finlandese serpeggi ancora? Beh, cominciamo col dire che il monitoraggio è questione anche di metodologie personali. Attenzione che non ho scritto “gusti”, perché in fase di monitoring non ci dovrebbe essere spazio per il gusto personale ma solo per il tipo di rappresentazione che si richiede a un monitor. Io personalmente richiedo soprattutto linearità e dettaglio, insieme a un comportamento non eccessivamente faticoso alle alte frequenze: si tratta pur sempre di strumenti di lavoro e se dopo un’ora ti trapanano le orecchie possono avere tutto il dettaglio che vuoi ma non sono comunque buoni strumenti.

È però chiaro che altri utenti, specie se provenienti da esperienze più home che pro, possono preferire un suono più amalgamato e meno proiettato in avanti, ovvero più simile agli strumenti d’ascolto mid-fi con cui la stragrande maggioranza delle persone ascolta la musica quotidianamente.

I Genelec inoltre, soprattutto con la recente serie 8000, scendono maledettamente in basso in rapporto al loro volume fisico, e questo può innescare antipatiche esaltazioni della risposta tra i 40 e i 120 Hz in stanze piccole e con posizionamenti malaccorti. Sul retro di questi monitor vi sono dei dip-switch per adeguare la loro risposta all’ambiente e al posizionamento e la casa finlandese è generosa di consigli e documentazione su come settarli, ma purtroppo ben pochi li usano con cognizione di causa. Ciò può risultare in un suono con “troppi bassi”, ma la colpa non è certo dei diffusori bensì di una loro cattiva gestione da parte dell’utente.

Oltretutto con la serie 8000 Genelec è stata una quindicina d’anni fa tra i primi produttori mondiali a usare una fusione di metallo per il cabinet. Oggi questa tecnica è più diffusa, e in Hi-Fi è adottata per esempio da Magico che sta facendo furori con modelli che costano da 10 a 100.000 Euro. La fusione di alluminio consente al cabinet di essere più smorzato e di far suonare il woofer senza che “suonino” anche le pareti del diffusore. Paradossalmente questa maggior stabilità meccanica e le minori distorsioni e code che ne conseguono non sono comprese da tutti gli utenti, che sono abituati invece a “casse” dal basso più lungo nello smorzamento e meno preciso. Anche questo contribuisce a produrre un suono “strano” per molti, che lo troveranno “troppo realistico per essere vero”.

Infine, da quando Genelec ha introdotto la correzione via DSP della risposta in funzione delle esaltazioni e attenuazioni introdotte dall’ambiente, come per esempio nella serie The Ones citata sopra, abbiamo davvero un monitor “ruler flat” (cioè con la risposta in frequenza dritta come un righello), e parlare di “casse pompate” è davvero inappropriato.

La risposta in frequenza nel Genelec 8341 della serie The Ones, ancora più piatta a 0° di quella del modello 8040.

In definitiva, i monitor Genelec possono piacere o meno in funzione di ciò che si richiede a un prodotto di questo tipo. Ma sono prodotti serissimi, veri e propri strumenti di lavoro, e dire che si tratta di “casse pompate” buone solo per ascolti disimpegnati è quanto di meno vicino ci sia al loro spirito e alla loro realtà. È anche errato dire che attraverso un monitor Genelec tutto suona “troppo bello” e che poi quando vai su un sistema diverso tale bellezza svanisce: grazie alla loro analiticità i Genelec ti raccontano sì tutta la verità di una registrazione, e questo vuol dire che se una registrazione è suonata, ripresa e mixata bene poi l’ascolto con un monitor finlandese te lo valorizza al massimo e riesci ad apprezzare particolari, dettagli, respiri, piccole percussioni e articolazioni che con altri sistemi vengono inghiottiti dalla carenza di articolazione.

Ma tutto questo dettaglio può anche essere un boomerang quando siamo davanti a registrazioni mal fatte, quando i campioni sono looppati male e fanno click, quando un cantante stona un po’ e tu con Genelec lo senti lì davanti a te, nudo nei suoi errori, staccato dagli strumenti e senza la protezione di backing vocals impastati con esso.

Per concludere, Genelec è un prodotto realmente pensato per l’uso professionale, e i pro non amano cose che facciano perder loro tempo: è pienamente lecito che qualcuno ami scuole di monitoraggio diverse e basate su un suono più austero e meno capace di evidenziare i dettagli, così com’è giusto che ciascun professionista si scelga lo strumento di lavoro con cui opera meglio. Ma dire che “le Genelec regalano” è un errore concettuale che è davvero pericoloso continuare a fare perché si potrebbe correre il rischio di negare a se stessi uno degli strumenti di monitoraggio oggi più affidabili sul mercato. Il mio consiglio è quindi di approcciare i monitor Genelec con mente aperta e grande disponibilità ad ascoltare: dopo che ci si è abituati alla loro prestazione (e può volerci un po’) tornare indietro sarà davvero difficile.

Giulio Curiel

Giornalista della storica rivista Strumenti Musicali dal 1993 al 2016, ho scritto oltre 1200 articoli su synth, studio technology e computer music. Se non so di cosa parlo, sto zitto.

One thought on “Genelec, monitor pompati su cui è impossibile mixare? Sì ma… In che film???

  • 02/02/2018 at 21:53
    Permalink

    Pienamente d’accordo. Le Genelec sono dei gran prodotti.

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