Test

Behringer Neutron, la nuova stella del semimodulare low-cost

Per mesi i suoi detrattori dicevano che questo synth non sarebbe mai arrivato. Ma oggi è qui sul nostro tavolo per un test in cui ha fatto faville. Arrivando a evocare più di una somiglianza col mitico Korg MS-20…

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La macchina e la catena di sintesi | Le modulazioni e la patch-bay | In uso | ConclusioniScheda tecnicaFAQ|


Di Behringer va di moda parlare male: fa tanto “intenditore di synth&recording”, o come direbbe Salvini “radical chic dell’elettronica”. Secondo tale narrazione, Behringer sarebbe quell’azienda un po’ cialtrona che sa solo copiare gli altri e fare prodotti che si sfasciano giusto a guardarli. Tale ondata di scetticismo non è andata scemando neanche quando il costruttore tedesco con basi produttive in Oriente ha annunciato un clone del mitico Minimoog: “non sarebbe mai uscito”, dicevano, e invece il Model D di “zio Uli” è nei negozi già da qualche mese e – al netto dell’impossibilità di replicare al 100% un mito assoluto a un decimo del suo prezzo – suona dannatamente bene e dannatamente credibile.

Entra in scena Neutron: mentre gli occhi di tutti erano puntati sul prossimo clone Behringer dopo il Model D, la casa si è presa il lusso di presentare a febbraio 2018 un sintetizzatore monofonico analogico semimodulare basato su un progetto completamente inedito. Fin dal suo apparire, Neutron ha così testimoniato in merito alla capacità di inventiva di Behringer e al suo irreversibile desiderio di essere un major player anche nel mercato dei synth. Scontati i soliti peccati veniali di Behringer (annuncio molto prima della disponibilità effettiva nei negozi, prime unità disponibili col contagocce e quelle successive solo a ondate e non su base continuativa), il Neutron è dunque apparso in tutta la sua ricchezza sonora e progettuale che, in rapporto al prezzo di circa 350 Euro, appare semplicemente incredibile: due VCO basati su una riedizione degli storici chip CEM 3340, filtro multimodo di disegno inedito, due ADSR, un LFO multi-waveform, moduli addizionali per Sample&Hold, Portamento, somma di segnali, overdrive, delay analogico in tecnologia true-BBD, matrice di modulazione tramite patch-bay seminormalizzata a 32 In e 24 Out, piena compatibilità con lo standard Eurorack sia in termini di connessioni che di dimensioni di montaggio. Riguardo a quest’ultimo aspetto, il Neutron può infatti essere estratto dal suo cabinet e montato in un case Euro con occupazione di uno spazio di 80 HP. Per i più vecchi tra di noi che invece ancora “insistono” a chiedere il montaggio in rack standard 19” (come il sottoscritto), il Neutron purtroppo non arriva equipaggiato dalla fabbrica di alette forate, ma Behringer può felicemente vendervene una coppia in aftermarket (link).

 

La macchina e la catena di sintesi

Appena estratto dall’imballo, il Neutron appare in tutta la sua concretezza: il cabinet è angolato per essere comodamente operabile in modalità table-top e la costruzione appare assolutamente ben fatta, matura, credibile. Dimenticate tutti gli invidiosi e i disinformati che parlano con sufficienza della qualità costruttiva di Behringer, e preparatevi invece a maneggiare una macchina con le stesse caratteristiche di robustezza e bontà degli altri synth di prezzo comparabile. Il suo colore e la grafica piuttosto elaborata di stile 90’s sono stati criticati ancor prima di essere visti, ma vi garantisco che “di persona” il Neutron dimostra personalità da vendere e un’estetica niente affatto spiacevole. Il pannello è di un intrigante rosso fuoco metallizzato, gli “indispensabili” fianchetti in legno ci sono e complessivamente Neutron per me è un bel synth. Alcuni particolari, come le manopole anonime e i font altrettanto scontati, denunciano uno styling non ancora perfettamente a fuoco ma complessivamente la macchina c’è, è solida ed è piacevole alla vista e al tatto.

Il frontale è logicamente organizzato, con l’abituale layout della catena di sintesi che procede da sinistra verso destra seguendo il flusso del segnale: all’estremità mancina vi sono dunque i due VCO basati su una riedizione dei CEM 3340 fatta da un’azienda dello stesso gruppo Behringer denominata COOLAUDIO (abbiate pazienza, lo scrivono tutto maiuscolo…). I due VCO dispongono ciascuno di selezione del piedaggio (32’/16’/8’/Wide Range) e di un controllo di intonazione continuo che copre +/- un’ottava e che permette sia l’impostazione di vari intervalli tra i due VCO (quarta, quinta, ecc…), che la loro lieve scordatura. Le waveform disponibili sono cinque: Tone Mod, Square/Pulse, Sawtooth, Triangle, Sine. La Tone Mod sembra una specie di quadra dalla possibilità di modulazione della PW particolarmente profonda e, insieme alla successiva selezione Square/Wave può fruire del controllo di Pulse Width (PW) grazie a due manopole Width dedicate. Scopriremo poi al test che Tone Mod in realtà una waveform ricca di overtones.

La dotazione di waveform base di Neutron è dunque già ricca di suo, ma la macchina può ulteriormente incrementare la versatilità timbrica grazie alla possibilità di passare con continuità tra una forma d’onda e l’altra grazie alla manopola selettrice a corsa continua. Se questa possibilità non interessa, la relativa funzione può essere disabilitata e così Neutron torna ad essere un synth con waveform a selezione fissa. Con il comando Sync, OSC 2 può essere messo in sincronizzazione hardware sulla forma d’onda di OSC 1, mentre col pulsante Paraphonic i due VCO possono essere destinati a suonare ciascuno una nota diversa nel caso che sulla tastiera si eseguano bicordi (parafonia a due note). I rapporti di volume tra i due oscillatori sono governati da una manopola Osc Mix, ed è poi possibile aggiungere anche il segnale di un generatore di rumore bianco tramite una ulteriore manopola Noise.

Il segnale dei due VCO, del generatore di rumore e di un eventuale segnale esterno (da collegare alla presa posteriore Input) confluisce quindi nel VCF: questo è un filtro multimodo che può operare in configurazione passa-alto, passa-banda e passa-basso. La sua pendenza è di 12 dB/Oct e la topologia è originale, ovvero non ispirata al filtro di nessun altro synth preesistente. Behringer chiama tale VCF “Moffatt filter”, dal nome del progettista Keith Moffatt del Manchester Innovation Center della casa. Qui bisogna fare un paio di osservazioni: la prima è che il filtraggio a 12 dB/Oct pare essere tornato prepotentemente di moda da qualche anno, senza più essere percepita come la versione sfigata il parente povero del filtraggio a 24 dB/Oct di ispirazione Moog e Prophet. A questo rilancio hanno contribuito certamente in primis Arturia con la serie Brute, e poi Korg col piccolo Monologue e il grande e bellissimo Prologue. La seconda osservazione è che in Behringer hanno imparato la lezione di marketing proprio da Arturia, e cioè che bisogna dare un nome al filtro affinché la gente ne consideri caratteristico il suono: è stato infatti il costruttore francese a calcare la mano sul nome “Steiner-Parker” del proprio filtro, finché tutti hanno cominciato a ripetere a pappagallo e con convinzione “Steiner-Parker! Steiner-Parker!” come se fosse il filtro più classico e desiderato del mondo, mentre io prima dell’uscita del MiniBrute non lo avevo mai sentito nominare in trent’anni di frequentazione coi synth! Tale filtro infatti era apparso praticamente solo sul rarissimo e misconosciuto Synthacon del 1975. Niente da dire, in Arturia sono dei maestri nel marketing degli strumenti elettronici (e preciso che per me “marketing” è sinonimo di “bene”, non di “male”), e quindi giustamente ha fatto anche Behringer a cercare di caratterizzare il suono del proprio VCF già dal nome.

Tornando al VCF del Neutron, esso è dotato di selettore per la modalità di filtraggio HPF/BPF/LPF, controlli di cutoff e resonance, uno switch per attivare/disattivare il tracking di tastiera, e poi di due manopole per la profondità di modulazione: una è cablata direttamente all’inviluppo dedicato ENV 2 (con profilo ADSR), mentre l’altra controlla la profondità dell’LFO oppure di un segnale modulante applicato al jack Freq Mod della patch-bay (l’inserzione del jack esclude l’LFO). Il filtro Moffat può andare in autooscillazione per elevati livelli di resonance, a differenza per esempio del filtro 12 dB/Oct di Tom Oberheim che per scelta progettuale non lo fa. Sulla patch-bay sono presenti due uscite del filtro, e qui chiedo la vostra attenzione perché la faccenda merita: VCF 1 è l’uscita principale, mentre VCF 2 presenta modalità alternative di filtraggio rispetto a quella correntemente selezionata. Così, quando il selettore Mode è su HPF, da VCF 2 uscirà invece il segnale filtrato BPF; con il selettore su BPF, da VCF 2 uscirà il segnale filtrato LPF; con il selettore su LPF, da VCF 2 uscirà il segnale filtrato HPF. In prima battuta sembra complicato, ma questo accorgimento permette – prelevando il segnale sia dai jack VCF 1 che VCF 2 e poi mixandoli – di combinare il segnale degli oscillatori al quale sono state applicate due filtrature diverse, e ottenere così profili di filtraggio diversi dai tre profili-base. Molto, molto interessante!

Dopo il VCF, il segnale transita nell’Overdrive: si tratta di un circuito che attua una saturazione dolce e poi via via più netta ma sempre di impronta assolutamente tradizionale e lontana anni luce dalle sgranature dei circuiti più estremi. Drive è il comando che regola la distorsione, mentre Tone è un comando di tipo “tilt” che alza i bassi e attenua gli alti se ruotato in senso antiorario, e invece alleggerisce i bassi e “tira” gli alti se ruotato nell’altro: esso consente praticamente di imballare la distorsione del modulo oppure di renderla più sfrigolante e “zanzarosa” per settaggi estremi. Un comando Level consente di regolare il livello di uscita di questo stadio in modo da compensare eventuali incrementi di livello introdotti con Drive: fate attenzione ad esso perché dalla sua regolazione dipende la quantità di volume che va nel VCA e nel successivo delay anche quando non si applica distorsione. In altre parole, se volte pilotare il delay e più in generale l’uscita di Neutron con un segnale bello carico, giocate sempre con Level nella parte alta della sua corsa.

Siamo arrivati al VCA, che è controllato dal suo Env 1 (un altro classicissimo ADSR) ma ha anche un comando Bias che, analogamente a quanto succede sull’ARP Odyssey col comando VCA Gain, può tenere aperto l’amplificatore anche in assenza di inviluppo e servire così per generare un tappeto di droni.

Il successivo stadio Delay è realizzato in tecnologia analogica BBD: si tratta di una modalità di realizzare linee di ritardo basata non su memorie digitali che prima scrivono e poi leggono il segnale in transito, ma su chip che contengono un numero elevatissimo di condensatori che si passano il segnale l’un l’altro prima caricandosi, e poi scaricandosi nel condensatore successivo. “BBD” sta infatti per “Bucket Brigade Delay”: il riferimento è all’antica catena dei secchi d’acqua che i pompieri facevano per spegnere gli incendi (“bucket” vuol dire proprio secchio). La tecnologia BBD apparve in chip commerciali a metà anni ’70 ma, essendo completamente analogica, implicava un rapido deterioramento del segnale a ogni passaggio e quindi fu abbandonata appena la allora nascente tecnologia digitale consentì di fare linee di ritardo più fedeli. Solo a partire dai tardi anni ’90 in poi si tornò ad apprezzare il suono sgranato e cupo, ma molto musicale, dei delay fatti con tecnologia BBD, e bene dunque fa Behringer a scegliere questa soluzione per completare la già organica timbrica del Neutron. I comandi dello stadio sono i classici Time, Repeats e Mix, e va segnalato che il tempo di ritardo non può essere sincronizzato a nulla ma va impostato a mano, eventualmente inseguendo il tempo del brano musicale con la cadenza dei ribattuti. Il ritardo del circuito può comunque essere modulato tramite una CV esterna che entra in patch-bay tramite il jack Delay Time: in questa maniera si possono per esempio creare chorus attraverso l’impostazione di tempi di ritardo corti e modulati. Dal Delay il segnale passa direttamente all’uscita del Neutron, ove una manopola Output dosa il livello master.

 

Le modulazioni e la patch-bay

In Neutron, modulazioni e patch-bay giocano un ruolo grandissimo. Abbiamo già incontrato i due inviluppi ADSR, di cui il primo precablato al VCA e il secondo al VCF. Essi sono comunque dotati di uscita CV nella matrice di modulazione, per cui è possibile collegarli anche ad altri stadi di Neutron. È inoltre interessante la possibilità di abilitare (con una combinazione di tasti) il loro retriggering quando si suona legato, all’arrivo di ogni nuovo messaggio di Note On.

Il circuito di LFO è un altro punto ove i designer Behringer si sono sbizzarriti in creatività: è dotato di cinque forme d’onda (Sine, Triangle, Sawtooth, Square, Reverse Sawtooth), con possibilità di passare gradualmente e con continuità dall’una all’altra. Se tale possibilità non piace si può comunque abilitare il passaggio “secco” tra ciascuna, sempre con una combinazione di tasti. La velocità di oscillazione può essere libera, ma anche agganciata al clock MIDI quando presente in ingresso del Neutron: questo apre la possibilità a modulazioni ritmiche perfettamente a tempo anche a chi userà sequencer MIDI per controllare Neutron, e non magari sequencer hardware con uscite CV. Le funzioni dell’LFO sono completate da un pulsante Key Sync per resettare la waveform del circuito ogniqualvolta si triggera una nuova nota.

Il circuito Sample&Hold è dotato di un oscillatore interno che attraverso la manopola Rate regola la frequenza del processo di campionamento del segnale che esso processa. In questa maniera non è necessario sacrificare l’unico LFO della macchina. La manopola Glide invece regola la velocità di transizione tra un campione e l’altro. Per default, il circuito di Sample&Hold campiona il generatore interno di rumore bianco, ma attraverso la patch-bay si può entrare in esso con qualsiasi altro segnale: campionando per esempio l’uscita di un ADSR, si potrà trasformare l’inviluppo da continuo in “scalettato” e creare così una scala di note discendenti o un filtro che si apre/chiude a scatti. Attraverso la patch-bay è comunque possibile gestire il clock del modulo S&H anche con una sorgente esterna e diversa dalla Rate interna.

Neutron dispone poi di due generatori di lag, ovvero di circuiti che ritardano il cambiamento nel tempo di una tensione di controllo: il primo generatore di lag è denominato classicamente Portamento, è precablato per leggere le note MIDI in ingresso e mandarle ai VCO gestendo l’effetto di slide in un range tra 0 e 10 secondi. Il secondo lag generator di Neutron si chiama Slew ed è accessibile solo tramite patch-bay con un In per la CV e un Out per la stessa CV ritardata tra 1 msec e 3 secondi: può servire per applicare il portamento alle note provenienti da un sequencer analogico esterno, o per “ammorbidire” i profili di controllo di una qualsiasi sorgente esterna di modulazione in CV.

Neutron dispone di due attenuatori di CV (Att1 e Att2) che godono ciascuno di una manopola di attenuazione sul frontale della macchina e ovviamente dei propri In e Out nella patch-bay. Per default, l’ingresso di Att2 proviene dall’output unipolare dell’LFO e la sua uscita è precablata alla PW di OSC 1 e OSC 2: in questa maniera è possibile fare PWM senza patchare nessun cavo, ma chiaramente inserendo i jack negli I/O di Att2 le assegnazioni possono cambiare. L’ingresso di Att1 invece è cablato per default all’output di un jack denominato Assignable Output il quale può portare (su scelta dell’utente) i seguenti segnali: OSC 1 CV, OSC 2 CV, MIDI Note On velocity, MIDI Modwheel, MIDI Aftertouch. È così possibile derivare un segnale di controllo tra quelli di più frequente utilizzo e ruotarlo previa attenuazione a qualsiasi destinazione di modulazione. Anche in questo caso è comunque possibile entrare in Att1 tramite la patch-bay e scavalcare così il precablaggio con l’Assignable Output.

Neutron dispone poi di due moduli sommatore “nascosti”, nel senso che sono accessibili solo tramite la patch-bay e ciascuno può sommare due CV o due segnali audio in un’uscita unica. È anche disponibile un modulo Invert che in uscita ribalta in polarità il segnale presente al suo ingresso, e che per esempio sarà utile per modulazioni con ADSR invertiti. Non a caso, Invert è precablato per avere in ingresso l’uscita di Env 2, ma ovviamente anche in questo caso l’inserzione del jack in Invert In interrompe tale assegnazione e permette di usare il modulo con qualsiasi altra sorgente. Vi è infine un modulo Mult che duplica il segnale al suo ingresso in due segnali identici presenti alle uscite Mult1 e Mult2.

Come si è visto sopra la patch-bay consente l’amplia implementazione di una logica di matrix-modulation, ma vi sono ulteriori I/O che non abbiamo discusso e che consentono di uscire coi singoli VCO, entrare e uscire separatamente da ciascun modulo, derivare il MIDI Gate in forma di segnale analogico di controllo, modificare le waveform e le PW con la CV, dare il Gate separatamente a ciascun inviluppo… Insomma, questa patch-bay ha delle potenzialità in-fer-na-li!!!

 

Collegamenti e relazioni col resto del mondo

Neutron dispone sul suo pannello posteriore di una buona dotazione di connessioni: vi è il citato ingresso per un segnale audio esterno che entra prima del VCF, l’uscita mono dello strumento – udite, udite! – su jack TRS bilanciato per il massimo dell’integrità di segnale, l’uscita cuffia con volume variabile, il connettore DIN per il MIDI Thru (il MIDI In è sul frontale), la porta USB per realizzare il collegamento MIDI senza avere un’interfaccia dedicata, l’ingresso per l’alimentatore esterno e lo switch di accensione.

L’implementazione MIDI è molto basica e prevede la selezione tramite dip-switch del canale di ricezione tra i 16 possibili, la ricezione dei messaggi di MIDI Note On e il routing automatico dei messaggi di Pitch Bend a una deflessione di pitch fissa in +/- 2 semitoni. Complessivamente tale implementazione ricorda moltissimo quella (limitata allo stretto indispensabile e fedele alle limitate possibilità dei synth vintage) scelta da Korg per la reissue dell’ARP Odyssey.

Come detto in apertura, Neutron può essere montato in un case Eurorack semplicemente togliendo otto viti dal frontale e sganciando un flat cable interno che poi andrà riagganciato tramite adapter fornito in dotazione all’alimentazione del case Euro. Si perde l’accesso alle connessioni posteriori, ma sul frontale ci sono comunque il già citato ingresso MIDI, tutte le connessioni CV e ingressi e uscite audio duplicate su mini-jack.

Per chi amerà Neutron al punto tale da volerlo polifonico, la casa ha previsto la possibilità di usare più di un’unità di questo synth attraverso la funzione Poly Chain: abilitandola e collegando via MIDI più Neutron in cascata sarà dunque possibile smistare le note di un accordo a tutti i synth collegati, magari facendo fare a ciascun Neutron due note contemporanee grazie alla parafonia. Personalmente mi sembra un’ipotesi più teorica che reale visto il costo dell’unità (una polifonia a quattro note reali si otterrebbe con circa 1.400 Euro di spesa, ma magari vi fanno lo sconto-quantità…) e visto il fatto che, essendo Neutron un synth non programmabile, occorrerebbe replicare manualmente i settaggi su tutte le macchine collegate. È comunque bello sapere che tale possibilità c’è: è sempre una funzione in più…

 

In uso

Il Neutron è un synth piacevole da usare, anche al netto di alcune sue ingenuità progettuali: dell’estetica intrigante vi ho già detto, mentre qui val la pena di rimarcare il buon feel dei comandi. Le manopole sono ben distanziate e dal giusto grado di resistenza, con un’unica ma importante caduta: il potenziometro Osc Mix è posto troppo vicino alle due manopole di accordatura dei VCO e muovendolo è facile scordare gli oscillatori. Il problema si può ovviare almeno per il 50% disabilitando (con una combinazione di tasti) il comando Tune di Osc 1 e lasciandolo così a intonazione fissa: si lavorerà poi solo sul Tune di Osc 2 per impostare battimenti o intervalli musicali tra i due oscillatori. Si tratta di un modo di lavorare ben noto agli utenti dell’ARP Odyssey, che potendo contare solo su controlli continui dell’intonazione dei VCO e nessuna selezione di piedaggio, spesso hanno l’abitudine di accordare in maniera definitiva VCO 1 (magari con un tuner) e poi giocare a orecchio sulla sola intonazione di VCO 2. La resistenza poco calibrata delle manopole di Tune, comunque, è certamente un punto debole di Neutron (e tirando le somme a fine prova sarà l’unico vero rilievo che mi sento di muovere alla macchina) poiché rende un po’ difficoltoso raggiungere esattamente l’intonazione desiderata. Facendo la mano alla particolare pastosità del comando le cose comunque migliorano man mano che il rapporto con Neutron progredisce.

Un’altra critica al layout, ma stavolta minore, mi sento di farla alla scelta di Behringer di dotare il Neutron di una manopola grande per la forma d’onda dell’LFO (cosa che è assolutamente inutile) e invece di aver lasciato il cutoff sotto il controllo di una manopola piccola: sarebbe stato assai meglio fare il contrario perché col cutoff siamo usi smanopolare più di tutto, ma comunque anche così la funzionalità della macchina non ne risente particolarmente.

Accendiamo dunque Neutron: il collegamento MIDI via USB non evidenzia alcun ronzio in audio (bye-bye, Boutique!) e quindi lo userò per il collegamento al computer senza installare driver in quanto il synth Behringer è class-compliant. Partiamo dunque nell’esplorazione delle sue sonorità: i due oscillatori colpiscono subito per la presenza e ricchezza sonora, veramente da macchina “grande”. La sinusoide è piena e decisa, spinge molto bene quando serve; la triangolare ha appena una punta di presenza in alto in più e può essere utile per richiami psicoacustici quando si vuole un suono profondo ma comunque con un edge che ne garantisca una facile tracciabilità da parte dell’ascoltatore; la sawtooth è perfetta nella sua sonorità caratteristica ma appena un po’ più bassa di livello delle altre waveform; la quadra è potentissima, tira davvero giù i muri, e ha un buon range di PW che le garantisce versatilità; la Tone Mod infine è una bellissima sorpresa perché è squillante e piena di overtones, quasi a ricordare certe waveform di generazione digitale con caratteristiche sonore simili agli organi e alle bells. Il suono del Sync è particolare, meno “squelchy” che in altri synth e più vicino a un suono raspante, distorto. Lavorando con la scelta giusta per il Tune di Osc 2 comunque si riesce agevolmente ad ottenere il classico suono del Sync modulato dall’inviluppo. Complessivamente il blocco oscillatori ha una versatilità notevolissima (manca solo il ring modulator, ma non ne patisco l’assenza), ma è quando si comincia a giocare con tutte le particolarità di Neutron ingaggiando la Tone Mod, il Sync e alcune modulazioni di frequenza, forma d’onda o PW raggiungibili con la patch-bay che la macchina si svela per essere un mostro di suoni inediti, aggressivi, stratificati e straordinariamente ricchi. Davvero, davvero notevole! Passiamo al filtro: bello, potente, liquido e con una grande capacità di scolpire il suono in transito. Non è uno di quei filtri “morti” che tagliano, impoveriscono e basta, ma al contrario un circuito il cui suono si fonde con quello dei VCO per dar luogo a un timbro complessivamente organico ed estremamente vivo, presente. Quelli di Behringer hanno creato davvero un bel filtro, lontano anni-luce dal classico dei classici (Moog) ma movimentato e godibile. Brilla soprattutto quando viene modulato pesantemente dall’inviluppo, e regge molto bene il gioco dei decay cortissimi. Se lo chiudi tutto può schioccare parecchio, per parti di basso e sequencer molto percussive, nette e saltellanti. Tutte queste considerazioni si riferiscono soprattutto alla modalità LPF, mentre in HPF il filtro diventa cattivissimo e penetrante, quasi chitarristico. Il vero asso nella manica di Neutron però sono le due uscite del VCF che rendono contemporaneamente disponibili due profili di filtraggio diversi: tirando fuori i segali con la patch-bay è possibile mixare contemporaneamente LPF ed HPF, dando quell’effetto di “suono che si sdoppia in due” che per esempio gli utenti di certe macchine Access e Waldorf conoscono bene. Al classico suono filtrato con l’LPF si può così aggiungere un suono più aereo e aperto che passa dall’HPF e poi va per conto suo a eccitare l’udito dell’ascoltatore.

Veniamo all’Overdrive: capire questo circuito è indispensabile per far suonare Neutron. Anzitutto i suoi comandi di Tone e Level funzionano anche se non si usa la distorsione, per cui se si vuole che la macchina dia il massimo della sua presenza sarà indispensabile tenere il Level al massimo per i suoni non distorti e abbassarlo solo quando si spinge il Drive. Vi è poi il Tone, che se spostato dalla posizione di ore 12 influenza immediatamente il suono, e non sempre in modo desiderabile: spinta troppo in basso scurisce tutto, mentre spinta troppo in alto esalta soprattutto i medio-acuti per un suono che diventa plasticoso e trapanante al contempo. Sarà dunque bene gestire questo comando con parsimonia, lasciandolo al centro per molti timbri e usandolo soprattutto quando si cercano sonorità imballate e/o estreme. Il Drive vero e proprio è particolare: funziona molto bene soprattutto nella prima metà della corsa, ove agisce come un overdrive e imballa piacevolmente il suono senza però risultare ovvio e troppo presente. Nella seconda metà della corsa, il Drive diventa più aggressivo ma non riesce ad arrivare a quei suoni tipici di un TB-303 passato in un distorsore di quelli “cattivi”. Qui pertanto lo apprezzo meno, mentre nella prima metà della corsa direi che è un ingrediente fondamentale e pregiatissimo del suono Neutron: se settato sulle ore 9 o 10 il Drive scalda, spinge, dà grinta e botta e alla fine si rivela pienamente organico alla personalità della macchina. Consiglio di usarlo spesso!

Lo stadio che invece mi ha convinto meno, e che quindi raccomando di usare con parsimonia, è il Delay: è davvero scuro, ma scuro scuro scuro, e quindi appesantisce il segnale, gli toglie un po’ volume col comando Mix oltre le ore 11 e in definitiva ha un’indole molto “dub” 😉 Ecco se fate dub è perfetto, altrimenti è meglio ricorrere a un delay esterno. Può invece rivelarsi prezioso come chorus analogico se fate modulare il Delay Time dall’LFO attraverso Att1.

Belli gli inviluppi, veloci e schioccanti ma non difficili da settare anche per comportamenti più morbidi, e valido l’LFO per il quale tuttavia avrei voluto anche un comando di delay di entrata.

Se per comodità di esposizione e per capire davvero bene la macchina vi ho raccontato ciascuno stadio di Neutron, va detto che questo synth prende davvero il volo quando considerato come un unicum sui cui comandi interagire continuamente uno in dipendenza dell’altro, e soprattutto quando si fa entrare pesantemente in gioco la patch-bay. In questo caso le possibilità di Neutron cominciano ad apparire davvero illimitate e il piccolo synth Behringer si rivela una incredibile bomba creativa: il costruttore è stato bravo a mettere dentro il progetto due VCO e due inviluppi full-function, un VCF sonoro e architettato benissimo con le sue uscite multiple, un LFO versatile e una pletora di moduli e connessioni addizionali che davvero ne rendono grandissimo il potenziale sonoro e sperimentale. Con meno di 350 Euro avete una versatilità da modulare di razza e avete sotto le dita tantissimi comandi e opzioni con cui sbizzarrirvi per molto tempo. Vi consiglio solo di comprarvi un set di patch-cable colorati perché Behringer ve ne dà ben sei ma tutti neri: dopo un po’ di cavetti inseriti nella piccola patch-bay con tutto quel nero si fa fatica a seguire le connessioni.

In definitiva Neutron eccelle in bass, lead e arpeggi, ha un suono organico, presentissimo, liquido e se si vuole aggressivo e proiettato in avanti che lo rende un oggetto vivo nelle vostre mani, un oggetto da suonare con la tastiera o col sequencer ma sempre in una logica di approccio fisico, viscerale con lo strumento. Davvero una bella sorpresa, davvero uno strumento creativo e ispiratore!

 

Conclusioni

Per meno di 350 Euro (occhio che il prezzo oscilla abbastanza!) non si può pretendere la macchina totale e perfetta, e quindi Neutron non lo è: le piccole ingenuità di pannello riguardo alle manopole Tune e il delay un po’ scuro sono lì a ricordarcelo. Ma non è questo il punto, perché non ha senso elencare le cose che Neutron non è, ma piuttosto tutte le cose che Neutron riesce a essere. E sono tantissime: anzitutto è una macchina di grandissimo valore sperimentale e didattico, l’ideale per iniziare a spippolare su un synth fisico e imparare così le basi della sintesi sottrattiva. Poi è un synth che suona bene, interessante e fresco senza fare il verso a nessuno. Ancora, è una macchina che può rappresentare il passo giusto per entrare nel mondo Eurorack, oppure che può saziarvi almeno parzialmente la voglia di modulare senza costringervi alle ingenti spese che una full-immersion nel mondo Euro comporta. Infine è un oggetto dall’enorme potenziale creativo, perché quel suo suono che cambia continuamente appena si gira un comando o si sposta un jack innestano sempre nuove idee nel cervello del sintetista, in un interplay uomo-macchina che con tanti strumenti degli ultimi 25 anni si era perso. È l’unico synth a fare tutto questo? Assolutamente no! Ma è l’unico synth a farlo a questo prezzo, e per quanto viene richiesto esso mi risulta imbattibile. Che siate all’inizio o che abbiate già una buona dotazione di macchine, ve lo raccomando davvero.

 

Caratteristiche tecniche

Prodotto: Behringer Neutron

Tipologia: sintetizzatore analogico duofonico

Dati tecnici dichiarati dal costruttore:
Pure analog signal path based on legendary VCO design to recreate classic sound performance. Semi-modular architecture with default routings requires no patching for immediate performance
Oscillator waveform control blends seamlessly between 5 shapes (tone mod, pulse, sawtooth, triangle, sine)
Individual pulse width / tone mod control provides ultimate sounds
Paraphonic mode allows both oscillators to be independently controlled
Self-oscillating, multi-mode VCF with dual output (e.g. LP+HP available on jacks)
2 analog ADSR generators for modulation of VCF and VCA
Multiple stage analog delay based on legendary BBD (Bucket Brigade Delay) technology
Flexible LFO with five waveform shapes, MIDI clock sync and key sync
Noise generator dramatically expands waveform generation
Overdrive circuit adds rich analog warmth and edge to your sounds
36 controls and 7 buttons give you direct and real time access to all parameters
Utility functions including attenuators, multiples, slew rate limiter and summers for creative patching flexibility
32 in / 24 out jack matrix for an incredible amount of patching options
Patchable audio-rate sample and hold with glide for added creativity
Powerful headphone output with dedicated level control
External audio input for processing external sound sources
Comprehensive USB/Midi implementation for connection to keyboard/sequencer
Designed and engineered in the U.K.

Accessori in dotazione: Adattatore AC, 6 x cavo patch 30 cm, cavo adattatore per montaggio Eurorack

Dimensioni: 94 x 424 x 136 mm (A x L x P)

Peso: 2,0 kg

Prezzo di mercato: 299,00 Euro

Distributore: Behringer

 

FAQ

Il filtro a 12 dB/Oct non è più limitato rispetto a un 24 dB/Oct?
Assolutamente no: per anni si è ritenuto che il filtro più adatto a un monofonico fosse un incisivo 24 dB/Oct sulla scorta dell’esperienza Minimoog. In tempi recenti però il mercato ha dimostrato di gradire parecchio anche il suono di un 12 dB/Oct, se realizzato con maestria e sensibilità sonora: i successi degli Arturia serie Brute e del Korg Monologue sono lì a dimostrarlo, e il VCF del Neutron proseguirà certamente tale linea di apprezzamento: è aperto, squillante ma liquido, “bubbling”, rotondo. Quando tirato con l’inviluppo chiude molto bene. Insomma, un bel filtro che certamente contribuisce alla grande personalità della macchina.

In cosa il Behringer Neutron sarebbe simile al Korg MS-20?
Per rispondere a questa domanda bisogna andare indietro agli anni ’70: a quell’epoca i monofonici di razza si chiamavano Minimoog, ARP Odyssey, Sequential Pro-One, e costavano una bomba di soldi tanto da essere raggiungibili solo dai professionisti. Le marche giapponesi (Korg, Roland, Yamaha) erano agli esordi nel mercato dei synth ed erano viste come i “parenti poveri”. Non dimentichiamo infatti che i giapponesi di allora erano visti come i cinesi di oggi: poveri di tecnologia, capaci solo di copiare e di fare prodotti cheap (ah come sbagliavamo allora, ah come sbagliamo oggi!). In questo quadro, il Korg MS-20 scompigliò le carte perché nel 1978 riuscì a portare un synth monofonico ben equipaggiato (due VCO, HPF ed LPF, due inviluppi) nelle mani di tanti giovani musicisti squattrinati, e per buona misura aggiunse anche una patch-bay alla base della sua architettura semimodulare che ne ampliava a dismisura le capacità timbriche. Oggi il Neutron raccoglie quell’eredità: è anche lui un prodotto low-cost e di marchio considerato cadetto, rompe anche lui le regole del gioco offrendo tanto a poco, è anche lui semimodulare con due VCO, filtro multimodo, due inviluppi e un sacco di jack. La chicca è la waveform dell’LFO variabile con continuità, proprio come sull’MS-20.

Il Neutron può memorizzare le patch?
No, attualmente questa funzione non è presente e al 98% di probabilità non lo sarà mai. Non ho sottomano i suoi schemi elettrici per capire se tecnicamente sarebbe possibile implementare la programmabilità ex-post solo tramite un aggiornamento di sistema operativo (come ha fatto Moog col suo Minitaur), ma è estremamente improbabile che Behringer abbia abilitato la circuiteria del Neutron al controllo digitale di tutti i parametri, cosa che è condizione indispensabile per ottenere la programmabilità. Ciò sarebbe stato certamente possibile ma piuttosto costoso, e il costruttore cino-tedesco è famoso per limare al millimetro i suoi costi di produzione. Inoltre, la patch-bay non può essere trasformata in un qualcosa di programmabile, a meno di uno sforzo tecnologico importante per “leggere” da software i collegamenti fatti coi patch-cable e poi replicarli con connessioni virtuali. No, è davvero improbabile che Neutron possa diventare programmabile in futuro: il caso del Minitaur è stata un’eccezione, più che una regola. Non abituatevi troppo bene.

 

Un ringraziamento speciale

Voglio ringraziare tantissimo Paolo MuteOscillator Giangrasso, che con generosità ha messo a disposizione la macchina di test: l’altro giorno ero al telefono con lui e gli raccontavo che l’unità di test ancora non arrivava, probabilmente a causa dell’elevato backorder che Behringer ha accumulato sui Neutron. Paolo si è allora offerto di mandarmi con corriere il suo synth personale, con un gesto che davvero mi ha colpito per la spontanea disponibilità. Adesso però non scrivete in massa a Paolo per farvi prestare gli altri synth della sua collezione: ha già detto che per New Musical Instruments ha fatto un’eccezione 😊

 

 

Giulio Curiel

Giornalista della storica rivista Strumenti Musicali dal 1993 al 2016, ho scritto oltre 1200 articoli su synth, studio technology e computer music. Se non so di cosa parlo, sto zitto.

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