#errore05: “Metti i monitor ai vertici del triangolo equilatero, risolvi i problemi di acustica”

Da sempre ci dicono che i monitor vadano messi in questa posizione. Ma mai nessuno che si chieda “perché?”, che cerchi di capire quali benefici ne deriverebbero. E soprattutto se si tratta di una raccomandazione tecnicamente fondata, oppure dell’ennesimo falso mito…

 

“Metti i monitor ai vertici di un triangolo equilatero, dove la testa dell’ascoltatore è il terzo punto, e inclinali di 30° verso l’interno”.

Sì, ok, calma…

PERCHÉ?!?

Nessuno che se lo chieda mai, ti fanno solo vedere il solito disegnino e dovrebbe bastarti:

Schema base del monitoraggio secondo il triangolo equilatero
Lo schema-base del triangolo equilatero (fonte: UAD)

Ancora una volta, siamo nel campo dei “consigli semplici per risolvere situazioni complicate”, ovvero quel tipo di suggerimenti nei quali i neofiti cascano come le mosche sul miele perché risolvono in uno schiocco di dita il difficilissimo e multisfaccettato tema dell’acustica ambientale. Peccato che tali consigli siano approssimazioni estremamente grossolane, e che spesso portino chi li segue in maniera acritica a risultati ben peggiori rispetto ad approcci anche solo un minimo più ragionati. Vediamo di capire meglio…

 

Tutto quello che il triangolo equilatero NON fa

Il peggiore messaggio che si possa passare a chi inizia a occuparsi di produzione musicale è che la disposizione a triangolo equilatero risolva tutti i problemi di posizionamento dei monitor. Al contrario, un corretto posizionamento di ottiene attraverso un lungo percorso di prove ed esperimenti, ma chiaramente questo non piace a chi cerca una regoletta “neurone dormi tranquillo”. Si tratta quindi di arrendersi all’evidenza che nella vostra stanza posizionamenti diversi dal triangolo equilatero potrebbero condurre a risultati di ascolto migliori, e che tali posizionamenti andranno individuati attraverso ascolti successivi coi monitor in diverse posizioni della stanza. Una volta di più dunque il consiglio-principe è uno solo:

ASCOLTATE

Lasciate stare le formule precotte, il 38%, i 30° di inclinazione, i 60 cm dal muro e piacevolezze del genere: cercate di vivere la vostra esperienza audio come una realtà di prima mano e non invece come la digestione facilitata di un premasticato di cicoria fatto dal finto-preparato youtuber di turno.

Sicuramente la disposizione a triangolo equilatero:

  1. Non migliora la risposta ai bassi, non la rende più omogenea e livellata: in effetti disposizione a triangolo e risposta ai bassi non hanno nessun rapporto tra loro!
  2. Non minimizza automaticamente gli effetti diffrattivi e riflessivi delle pareti di materiale liscio e duro a media e alta frequenza, e quindi non contribuisce a pulire, ad asciugare il suono dalle componenti ambientali.
  3. Non linearizza la risposta complessiva del sistema, perché essa dipende da numerosi parametri di acustica ambientale e soprattutto dalle riflessioni sulle pareti, che a gamme di frequenze diverse creano artefatti di tipo diverso.

 

Tutto quello che il triangolo (più o meno equilatero…) può davvero fare per voi

Se dunque la regola del triangolo equilatero non ha alcuna possibilità teorica di fornire quei fondamentali benefici di acustica cui abbiamo accennato sopra, perché mai allora la raccomandano tutti? Per il semplice motivo che essa garantisce un altro aspetto fondamentale dell’ascolto, che è anche la sua unica ragione reale di esistenza, l’unico beneficio che è davvero in grado di apportare:

La disposizione dei diffusori a triangolo equilatero garantisce un corretto bilanciamento tra i due canali Left e Right, ed è un tentativo di ottimizzare l’immagine stereofonica.

Va infatti compreso come il suono viaggi piuttosto lentamente nell’aria: la sua velocità a 20° di temperatura ambientale è di 343,1 metri al secondo. Questo vuol dire che se mettete un diffusore leggermente più avanti dell’altro rispetto al vostro punto di ascolto, il segnale del diffusore più avanzato vi arriverà prima dell’altro, generando una rotazione di fase nel segnale-somma percepito dalle orecchie (le quali appunto sommano le emissioni di entrambi i canali).

Inoltre il segnale del diffusore più distante arriverà anche un po’ meno forte, perché è noto che l’intensità dello stimolo acustico diminuisce con l’aumentare della distanza dalla sorgente. Insomma, due diffusori non perfettamente allineati lungo un’unica linea perpendicolare all’asse dell’ascoltatore daranno luogo a un campo stereofonico alterato rispetto al segnale in uscita da DAW/mixer/audio player, e questo è un effetto certamente indesiderabile.

Per questa ragione una sola cosa è davvero importante: mantenere i due diffusori sui vertici di un triangolo che abbia uguali i due lati che li congiungono alle orecchie dell’ascoltatore. Un triangolo siffatto si definisce isoscele, ovvero appunto con due lati uguali, mentre il terzo lato dato dalla distanza tra diffusore Left e diffusore Right può benissimo essere diverso. Chi crede che sia necessario che i lati del triangolo d’ascolto siano tutti e tre uguali non tiene infatti conto di un parametro importantissimo nelle prestazioni dei diffusori, la direttività.

 

La direttività, questa sconosciuta

Quando si rileva la risposta in frequenza di un diffusore, questa viene misurata con un microfono puntato verso il suo frontale senza alcuna angolazione. Per avere un’idea reale del diffusore in ambiente, tale misura viene però ripetuta anche per altre angolazioni del microfono di rilevazioni: man mano che la frequenza di emissione degli altoparlanti aumenta, essi diventano infatti sempre più direzionali. Come risultato, la risposta in frequenza rilevata per posizioni angolate cala sugli acuti: il calo è maggiore sia via via che aumenta la frequenza, sia via via che aumenta l’angolazione. Per capire meglio di cosa stiamo parlando, basta osservare il grafico di risposta di un diffusore Genelec: il costruttore finlandese infatti è una tra quelle case tecnicamente molto serie che rappresentano pubblicamente il dato di risposta in frequenza su diverse angolazioni:

Risposta in frequenza Genelec 8040 a varie angolazioni

Tale dato, intendiamoci, è sempre rilevato dal progettista per “tarare” la risposta del diffusore in ambiente, ma raramente viene diffuso al pubblico, specie nel settore dei diffusori monitor professionali per impiego musicale. Più un diffusore esibisce un calo marcato per inclinazioni crescenti e più si dice “direttivo”, mentre viceversa meno la sua risposta cala per posizioni di ascolto angolate e più fornirà un campo sonoro diffuso. È importante capire che modelli diversi avranno comportamenti diversi e che il calo sugli acuti per angolazioni crescenti non è uguale per tutti i monitor.

La direttività di un diffusore dipende infatti da tanti fattori, tra cui la dimensione, composizione e rigidità del tweeter, e la conformazione del frontale. Alcuni costruttori impiegano anzi delle apposite “guide d’onda” incastrate nel frontale o parte integrante di esso proprio per sagomare la sua direttività. Genelec esplicita tale concetto in maniera palese e infatti la sua guida d’onda si chiama “Directivity Control Waveguide”:

La guida d'onda Genelec DCW

Non finisce qui: nell’intorno della frequenza di incrocio tra woofer e tweeter (ove emettono contemporaneamente entrambi gli altoparlanti) la direttività può dipendere anche dalla relazione di fase tra i trasduttori, e a sua volta tale sfasamento dipende dal tipo di crossover adottato. La conclusione è una sola: l’utente che non abbia davanti delle misure di risposta in frequenza a diverse angolazioni non ha alcuna possibilità di capire se un diffusore è più o meno direttivo se non tramite l’ascolto, e quindi non può applicare un criterio di posizionamento “precotto” come quello che dice: “disponete i diffusori ai vertici di un triangolo equilatero e inclinateli verso l’interno di 30 gradi ciascuno”. Senza conoscere i diffusori che stiamo posizionando, questa regola è anzi un nonsense puro.

 

Allora, che si fa?!?

Può capitare di trovarsi davanti a diffusori estremamente direttivi che disegnino un campo stereofonico focalizzato in uno spazio molto ristretto (il cosiddetto “sweet spot”): essi andranno allora inclinati maggiormente verso l’ascoltatore per fornirgli un’immagine accurata e un bilanciamento tonale attendibile. Viceversa diffusori con minore direttività potrebbero dare luogo a un’area di ascolto più ampia e più confortevole per lavorarci in mezzo anche se poco inclinati verso il centro. Per inciso, non è che nessuna delle due situazioni sia preferibile a priori all’altra, perché qui entrano in gioco gli approcci personali di ciascun fonico.

Vi sarà infatti chi desidera lavorare con un’immagine “sharp”, precisissima e affilata, e per ottenerla è disposto anche a stare impalato come uno stoccafisso proprio al centro dello sweet spot. Viceversa altri fonici potrebbero preferire un approccio più rilassato, più “easy” alla lavorazione e sentirsi maggiormente a loro agio con un sistema che disegni uno sweet spot ampio e permetta loro di muoversi tranquillamente di mezzo metro/un metro lungo il mixer senza che immagine e risposta collassino drammaticamente.

I diffusori non sono tutti uguali nemmeno riguardo alla capacità di ricostruzione della tridimensionalità: alcuni danno luogo a una scena sonora più estesa in profondità, mentre magari altri possono risultare più “2D”, con i suoni tutti appiattiti lungo la linea ideale che congiunge le due casse.

Per arrivare a un posizionamento corretto occorre dunque tenere conto di questi due parametri prestazionali del preciso modello di monitor che state installando:

monitor più direzionali andranno ruotati maggiormente verso il centro del triangolo di ascolto per dar luogo a una risposta più equilibrata, mentre per monitor con una direttività minore potrebbero bastare rotazioni rispetto al loro asse inferiori ai 30° canonici;

monitor con una migliore ricostruzione della larghezza e profondità della scena sonora potranno essere posizionati più vicini tra di loro, mentre monitor in cui l’immagine è più “compressa” andranno magari distanziati tra loro per poter godere di una rappresentazione spaziale più realistica. Andrò comunque avuta cura di evitare distanze troppo elevate per non “svuotare” la scena al centro.

 

Altri luoghi comuni sbagliati

Qualcuno sostiene che il triangolo di ascolto debba “chiudersi” un po’ dietro la testa dell’ascoltatore in modo da renderlo più centrale nella scena, e non proprio sulla sua fronte:

Triangolo equilatero - Vertice dietro ascoltatore

Anche questa è l’ennesima approssimazione, l’ennesimo tentativo di ricondurre a regoletta una realtà che invece è troppo complessa per essere modellizzata rigidamente. Ogni ascoltatore, in dipendenza delle caratteristiche dei monitor che sta utilizzando e di quelle di diffusione/assorbimento dell’ambiente in cui si trova potrebbe trovare un focus più bilanciato e corretto in una qualsiasi posizione leggermente avanzata o arretrata rispetto al vertice del triangolo di ascolto, diciamo +/-40 cm circa.

Vi è infine un altro luogo comune sul posizionamento dei diffusori acustici che, anche se non è direttamente correlato con il triangolo equilatero, vale comunque la pena di citare perché tanto diffuso quanto sballato anch’esso. SI tratta dell’affermazione che i tweeter andrebbero messi “ad altezza orecchie”. Tale affermazione si basa sul concetto di direttività e sottintende che per godere della massima linearità non debba esserci angolazione alcuna tra tweeter e orecchie del fonico in modo da non provocare cali di livello. L’errore qui è non considerare che ogni diffusore ha un suo centro acustico, ovvero un punto del frontale ove la risposta complessiva (che è quella che interessa a voi) è massimamente bilanciata e coesa. Per esempio, ancora una volta Genelec ci viene in aiuto con questo diagramma del modello 8040 ove si evidenzia come il centro acustico di questo modello sia a 24 cm dalla sua base, e non in asse col tweeter.

Genelec 8040 acoustic axis

Varrà quindi la pena fare esperimenti anche in tal senso cercando se possibile di alzare/abbassare di quota il diffusore per trovare l’altezza in cui il suono vi appare più bilanciato, non si sente l’emissione separata dei due altoparlanti e l’altezza della scena è ideale: altroché “Metti il tweeter ad altezza orecchie” e stop…

 

Conclusioni

Io vorrei tanto chiudere questi articoli con semplici regolette che poi i lettori valutino vantaggioso applicare senza pensarci troppo: il successo del sito aumenterebbe sicuramente, e altrettanto sicuramente verrei linkato un giorno sì e l’altro anche nei post su Facebook ove qualcuno chiede consigli su “come mettere le monitor” (horore!).

Purtroppo non ritengo tecnicamente corretto procedere in questo modo perché il posizionamento dei monitor è soprattutto una questione di fine tuning da effettuare a orecchio in funzione delle caratteristiche tecniche del prodotto utilizzato, dell’ambiente e della distanza diffusori/ascoltatore: prestazioni diverse tra i diversi modelli rendono impossibile enunciare una regola per la loro distanza reciproca e per inclinazione verso il punto di ascolto, come invece vorrebbero fare i sostenitori del triangolo equilatero.

Come vi dicevo sopra, il segreto è uno solo:

ASCOLTATE.

 

Vuoi leggere gli altri articoli della serie “10 errori sui monitor near-field da dimenticare prima possibile”? Clicca qui!

 

Disclaimer

Questo articolo e quelli linkati in esso sono indirizzati soprattutto al pubblico dell’home recording e all’attività di produzione, registrazione e mixaggio in ambienti domestici o comunque non professionali. Diamo per scontato che gli studi professionali non siano i destinatari di simili indicazioni poiché in tali contesti i budget, le conoscenze tecniche, le predisposizioni acustiche sono diverse.

 

Giulio Curiel

Giornalista della storica rivista Strumenti Musicali dal 1993 al 2016, ho scritto oltre 1200 articoli su synth, studio technology e computer music. Se non so di cosa parlo, sto zitto.

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