Waldorf M, il ritorno del Microwave. E stavolta coi filtri realmente analogici!
Dopo il Microwave prima generazione, Waldorf ha sfornato numerosi altri prodotti ma è come se non fosse mai riuscita a ricreare la magia di quell’ineffabile debutto. E se adesso fosse la volta buona? Il nuovo M torna alle origini…
Dopo il Waldorf Microwave di prima generazione, Waldorf realizzò il grande e irraggiungibile Wave, il Microwave II/XT (stessa macchina, pannello comandi diverso), il Q e i suoi derivati Q+ e microQ, il Blofeld, il Quantum, fino ad arrivare ai recentissimi Kyra e Iridium. Tutte macchine interessanti nelle loro categorie, e talvolta davvero bensuonanti. Eppure nel cuore dei waldorfiani più duri e puri nessuno di questi synth è mai riuscito ad accendere emozioni sonore così forti come il primo Microwave del 1989: quella macchina infatti era un synth ibrido con oscillatori digitali a wavetable e sezione VCF/VCA basata su chip analogici CEM. Quest’ultimo fattore, unito alla rudimentale tecnologia digitale di allora, forniva alla macchina un suono così personale e succoso che a parere di chi scrive nessun Waldorf è mai più riuscito a eguagliare in fascino, con forse l’unica eccezione del bellissimo ma sfortunato Q+ che arrivò in un momento difficile della storia dell’azienda.
Anche il recente e monumentale Quantum, che sulla carta sembrava la macchina della rinascita del “mito” grazie al ritorno all’architettura ibrida, non ha convinto tutti a causa dei suoi filtri, sì analogici ma forse un po’ avari di carattere. Paradossalmente è forse più interessante il fratellino minore Iridium che pur tutto realizzato in virtuale possiede diversi modelli di filtro e alcuni di essi sono veramente interessanti e sonori.
Ma ora basta giocare, si torna alle origini: con il modello M presentato oggi 14 settembre 2021 Waldorf riesuma con decisione il Microwave delle origini. Il nuovo synth si presenta come un’unità tabletop che segue il form-factor già inaugurato coi citati Kyra e Iridium, e che volendo si presta anche a un montaggio a rack. Gli oscillatori sono due, digitali, e capaci di lavorare sia in emulazione del Microwave prima serie che del Microwave II. La selezione della modalità Classic fa accedere a wavetable ridotte a 8 bit con sampling rate di 240 kHz senza anti-aliasing: è difatti proprio l’aliasing che era una delle caratteristiche dell’ineffabile suono del primo Microwave. Switchando alla modalità Modern si accede invece alle wavetable band-limited a 16 bit con sampling rate di 40 kHz del MW II, il che conduce a sonorità nettamente diverse e meno “grezze”.
I due oscillatori dispongono degli stessi parametri di pannello, e nella modalità Modern si hanno a disposizione anche funzioni di Ring Modulator e Sync che nella prima generazione non erano presenti. L’iconico manopolone rosso del primo Microwave stavolta si reincarna in due manopole (una per oscillatore) con ring esterno: quest’ultimo seleziona la wavetable tra le 96 disponibili e poi la manopola seleziona il suo punto di inizio-lettura e quindi la waveform effettivamente utilizzata, almeno al netto di modulazioni dello starting point di lettura. Vi sono poi 31 wavetable che possono essere create dall’utente (User WaveTable o UWT): esse ammettono 64 forme d’onda, ma con un artificio si possono importare anche wavetable da 128 o 256 posizioni dicendo a M di selezionarne soltanto una ogni due, oppure una ogni quattro.
La sezione filtri si basa su chip operanti nel dominio analogico: non sono più i CEM 3389 del Microwave I Revision A, né i 3387 del Microwave Revision B (che tra l’altro davano alle due revisioni sonorità lievemente diverse) ma degli SSI 2144. Ricordiamo in questa sede che SSI è la nuova azienda di Dave Rossum, ovvero “Mr. Emulator” che in passato progettò gli SSM montati sulle prime due revisioni del Prophet-5. Cambiare i filtri da CEM a SSI vuol dire conferire al nuovo nato una sonorità ancora diversa, forse addirittura più “vintage-style” e liquida, e non è un caso che lo stesso chip sia usato anche sul recentissimo Sequential Take 5. Fattostà che siamo davanti a un VCF realmente analogico con un’unica topologia di passa-basso a 24 dB/Oct, risonanza integrata sul chip, comando di saturazione analogica per imballare per bene il suono e un VCA stereo (ancora analog) per effetti di panpot.
Per le modulazioni vi sono a disposizione ben quattro inviluppi e due LFO. Riguardo agli inviluppi, un array di otto manopole permette di accedere contemporaneamente all’ADSR dedicato al filtro e a quello dedicato al VCA. L’inviluppo del filtro dispone anche di uno stadio di Delay al suo inizio. Vi è poi un inviluppo liberamente assegnabile a quattro tempi e quattro livelli, e infine un Wave Envelope per modulare la lettura delle wavetable che è articolato su otto tempi e otto livelli. Tutti gli inviluppi sono comunque ruotabili anche ad altre destinazioni oltre a quelle preimpostate.
I due LFO godono di comandi indipendenti tra loro per controllare velocità e waveform (a scelta tra Sine, Triangle, Pulse, Random, S&H). Non esiste in questo modello una matrice di modulazione ma viceversa i percorsi sono già definiti e accessibili direttamente dalle pagine di menu che permettono di accedere a ciascun modulo attraverso pulsanti dedicati (c’è qui un richiamo a un certo Hydrasynth…). Sotto il display vi sono quattro encoder a corsa infinita per editare i parametri che compaiono in menu, e in questo modo l’operatività scorre veloce e senza eccessivi menu-diving. In totale la macchina dispone di 45 manopole per un editing veloce e intuitivo, risolvendo così quello che era il vero e proprio tallone d’Achille del primo Microwave e riproponendo invece il modello operativo del modello XT che – pur più esile e zanzaroso nel suono – fece breccia in tanti cuori proprio grazie all’abbondanza di comandi fisici.
In un impeto di fedeltà filologica alla macchina originale, M non dispone di effettistica di bordo, e certamente questo sarà l’aspetto che farà più discutere gli appassionati: chi vi scrive personalmente non ne sente la mancanza ma sicuramente sono almeno 30 anni che siamo abituati ad almeno un po’ di chorus, riverbero e delay su macchine di questo tipo, per cui si tratta sicuramente di una scelta coraggiosa da parte di Waldorf.
La macchina dispone di un potente arpeggiatore, nonché del recentemente redivivo Chord Mode. In M vi sono a disposizione ben 2048 suoni memorizzati, divisi in 16 banchi da 128 memorie ciascuno. Al loro interno sono già stati salvati gli storici banchi MW1 Factory Sound Set, MW1 Soundpool 1-5, Analogue, Bassco, PPG Wave 2.3 sounds, tutti ottenuti da una conversione dei banchi del Microwave originale. Non mancano comunque nuovi banchi di suoni che fanno leva sulle possibilità esclusive della macchina.
Da un punto di vista delle connessioni, M è assai ben dotato: vi è una uscita analogica stereofonica Master, più quattro uscite stereo denominate Aux 1/2/3/4. Poiché M è una macchina politimbrica a quattro parti, da ciascuna delle uscite ausiliarie è possibile far uscire una parte diversa. Vi è naturalmente la porta cuffia col suo volume indipendente, nonché la tripletta MIDI In/Out/Thru. Il MIDI è duplicato anche su USB 2.0 e inoltre uno slot per card SD permette di importare/esportare le patch di suono nonché le User WaveTables.
Le dimensioni della macchina sono di 440 x 305 x 85 mm e il peso è di 5,7 kg perché la costruzione è metallica e generosamente dimensionata. Oltre al citato posizionamento da tavolo e in rack è possibile anche il suo fissaggio su supporti VESA.
Il prezzo fissato per Waldorf M è di 1.879 Euro e la distribuzione inizia ora.
Per maggiori informazioni: Soundwave
Demo ufficiale del costruttore:
Disclaimer
Le informazioni contenute in questo articolo sono tratte dai materiali di presentazione ufficiali Waldorf disponibili alla data e non sostituiscono una recensione che saremo lieti di proporvi appena verremo in possesso della macchina per una prova diretta.