Test

Eventide Anthology XI

Anthology è il nome della raccolta-monstre di tutti i plug-in di effetto prodotti da Eventide sulla base dei suoi 40 anni di esperienza in harmonizer, riverberi e compressori che hanno fatto la storia. In questa lunga cavalcata, il completo test dei plug-in aggiunti nella nuova versione XI e una visione d’insieme della collection.

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Blackhole | Fission | Tverb | UltraTap | Mangledverb2016 Stereo RoomAnthology XI, vista d’insiemeConclusioni | Scheda tecnica | FAQ


Eventide non è un nome qualsiasi nel campo dell’elaborazione audio, ma quello di uno dei maestri del settore. L’azienda newyorkese ha inventato l’harmonizer, è stata la prima a usare memorie RAM nelle sue linee digitali di ritardo, e più in generale ha sempre dato un carattere molto personale ai suoi processori.

Al giorno d’oggi Eventide rimane fedele alla propria eredità producendo ancora processori hardware di altissimo livello per lo studio, ai quali però ha affiancato nel tempo anche una serie di effetti a pedale dedicati ai chitarristi e ben presto adottati anche dai tastieristi. Tra questi ultimi, è certamente meritevole di attenzione il già leggendario benché recente H9, un processore multifunzione che può caricare diversi algoritmi e cambiare quindi personalità timbrica e funzionale al semplice richiamo di un preset di memoria.

C’è però anche un altro settore in cui Eventide sta facendo faville, ed è quello dei plug-in: la casa americana infatti negli ultimi anni sta trasportando in virtuale tutti gli algoritmi dei suoi prodotti storici, e rende così accessibile il suono di quei processori che hanno fatto la storia anche a chi lavora completamente In The Box (ITB). Anthology è il nome che Eventide ha scelto per raccogliere in un unico package tutti i suoi plug-in, che tramite lo strumento del bundle costano ovviamente meno rispetto all’acquisto dei prodotti singoli e sono più facili da autorizzare, installare e aggiornare.

La suite Anthology è giunta recentemente alla versione XI e contiene ben 23 effetti. Naturalmente si tratta di plug-in multipiattaforma adatti a funzionare sia in ambiente Mac che Windows, e in host capaci di usare i formati AAX, AudioUnits e VST. Qui analizzeremo in dettaglio i sei nuovi processori aggiunti nella versione XI di Anthology: Blackhole, Fission, Tverb, UltraTap, MangledVerb e 2016 Stereo Room, mentre in coda passeremo in rassegna anche i processori già rilasciati in precedenza, e comunque facenti anch’essi parte della suite Anthology (H3000 Factory, H3000 Band Delays, Octavox, Quadravox, UltraReverb, H910, H910 Dual, H949, H949 Dual, Omnipressor, Instant Phaser, Instant Flanger, UltraChannel, EChannel, Precision Time Align, EQ45, EQ65).

 

Blackhole

Blackhole è un algoritmo di riverbero non convenzionale apparso per la prima volta nel processore rack DSP4000 e poi portato nel successivo H8000FW e nello stomp-box Space. Si tratta di un riverbero dalle caratteristiche di grande ampiezza e potente valore evocativo, come spesso accade in casa Eventide. Alcuni parametri hanno nomi altrettanto evocativi, ma comprenderne la funzione è questione di pochi minuti. Gravity è una sorta di parametro di decay, ma con escursione bidirezionale:  se ruotato verso destra allunga la coda del riverbero che passa da molto densa e corta, a molto morbida e lunga. La rotazione verso sinistra fornisce invece un riverbero invertito di grande fascino sperimentale e di usabilità strettamente dipendente dalla fantasia del musicista. Size è il tradizionale parametro relativo al tempo di decadimento globale del riverbero. Predelay è il ritardo nel segnale riverberato prima di iniziare il suo decadimento, ed è gestibile sia in millisecondi sia in unità ritmiche se il comando Tempo è su On. Low e High sono due comandi di EQ sulla coda di riverbero, mentre la manopola Resonance ne enfatizza le frequenze attorno al taglio analogamente a quanto avviene nei VCF dei synth. Vi sono poi i due controlli sulla modulazione della coda di riverbero (Depth e Rate) e l’inconsueta manopola Feedback, che dosa la rigenerazione tra uscita del processore di riverbero e il suo ingresso. Ho scritto “inconsueta” perché la manopola Feedback è sempre presente nei generatori di eco, ma non nei riverberi. Qui serve a espandere ulteriormente la dimensione del campo riverberato e possiede anche le posizioni “Infinite” (riverbero infinito) e “Freeze” (come il precedente, ma senza che ulteriore segnale in ingresso possa essere riverberato dopo che è stata attivata).

La grafica di Blackhole è skeumorfica e si ispira ai modi di operare di un pedale reale. Tra queste vi sono due funzionalità molto adatte alla manipolazione in tempo reale: Ribbon è un controllo che permette di fare il morphing tra due impostazioni di pannello completamente diverse semplicemente spostandosi lungo la sua corsa orizzontale; Hotswitch permette di fare altrettanto, ma in questo caso con un salto immediato tra due set di parametri.

In prova Blackhole si rivela un generatore straordinario di sonorità ambient, con questo riverbero a volte sferragliante e a volte etereo (il setting di Gravity qui gioca un ruolo fondamentale) che è sempre musicalissimo e piacevole, anche se chiede per sé molto spazio nel mix. Con valori negativi di Gravity si ha il tipico suono “risucchiato” del riverbero al contrario, e senza segnale diretto nel balance Dry/Wet si emulano quegli effetti di attacco lento che piacciono tanto ai chitarristi. Anche cori e soprattutto suoni sintetici percussivi guadagnano grande personalità dal passaggio attraverso Blackhole, che alla fine si impone quasi più come strumento musicale che come effetto puro e semplice. Vi è inoltre la possibilità di usare il plug-in come una sorta di Echo molto eufonico, settando molto in basso il parametro Size e invece scegliendo predelay ritmici e Feedback piuttosto lunghi. Blackhole si conferma quindi avere un suo suono proprio e molto distintivo, all’interno del quale diverse regolazioni e quindi effetti molto diversi sono possibili. Sicuramente un bellissimo processore, dal carattere unico e di grande personalità.

 

Fission

Fission è la dimostrazione più plateale di quanto possa essere visionario l’approccio di Eventide all’effettistica. Si tratta di un nuovo tipo di processore che elabora separatamente due componenti del segnale musicale, quella impulsiva (definita “Transient”) e quella intonata (“Tonal”). Attraverso un’analisi di piccoli frame del segnale musicale lunghi circa 40 millisecondi, il processore decide continuamente se sta transitando una parte intonata o una parte contenente transienti. Le due parti vengono poi indirizzate a due flussi di segnale separati, che possono essere processati indipendentemente l’uno dall’altro. Poiché Fission dispone, per ciascuna delle due sezioni Transient e Tonal, di numerosi effetti diversi è possibile per esempio applicare un delay ai transienti e un chorus alla parte tonale. I due flussi di segnale vengono poi ricombinati in uscita, per dar luogo a un programma musicale che può essere completamente stravolto rispetto a quello in ingresso.

Capire in concreto cosa fa Fission senza averlo sottomano non è facile, ma in realtà l’interfaccia utente non è affatto complessa: la separazione tra la parte Transient e la parte Tonal avviene nell’area centrale della finestra, ove avviene lo Structural Split, ovvero la separazione strutturale tra le due componenti. Si seleziona il tipo di segnale in transito scegliendo tra diverse opzioni che accordando il detector di Fission alle caratteristiche specifiche di drums, piano, voce, ecc… e poi si muove lo slider verso Transient o verso Tonal se si vuole privilegiare una delle due componenti sonore. Vi sono poi altri due parametri che influenzano la modalità di separazione: Smoothing aumenta o diminuisce la velocità di transizione con cui una parte audio viene smistata tra Transient e Tonal, e Trans Decay diminuisce la velocità di transizione verso la parte tonale, e quindi influisce sulla durata del decadimento delle parti impulsive. Da questo momento in poi le due parti sono separate, e difatti Fission le visualizza come due waveform separate e di colori diversi: la parte Transient è blu e quella Tonal e verde.

L’utente passa quindi a trattare con effetti diversi la parte “blu” e quella “verde”, con una codifica-colore che rende immediato capire cosa si sta facendo e su quale parte del segnale si sta intervenendo. Il processore dedicato ai transienti (quello “blu) dispone di sei diversi algoritmi:

  • Transient Delay
  • Transient Tap Delay
  • Transient Dynamics
  • Transient Phaser
  • Transient Reverb
  • Transient Gate+EQ

Nello stesso modo, il processore dedicato alla parte tonale dispone di sette algoritmi propri:

  • Tonal Delay
  • Tonal Compressor
  • Tonal Pitch
  • Tonal Chorus
  • Tonal Reverb
  • Tonal Tremolo
  • Tonal EQ

Da notare che gli algoritmi disponibili per la parte Transient e per quella Tonal sono diversi in quanto sono ottimizzati per il trattamento dei rispettivi segnali di cui si occupano. Ciascun algoritmo dispone di alcuni parametri tipici del processore che rappresenta, ed è molto importante notare che Fission permette anche di regolare il Gain, il Solo e il Mute delle due parti Transient e Tonal. Con questi ultimi controlli è possibile alterare l’equilibrio tra la componente percussiva e quella armonico-melodica dei suoni, e addirittura eliminare l’una o l’altra dal segnale in uscita. Insomma, le possibilità di stravolgere il segnale sono davvero tante e importanti: per esempio, rimuovendo la parte Transient da un suono di chitarra si eliminano le pennate e si lascia un timbro somigliante a quello di uno strumento suonato con l’arco.

In prova, Fission sconvolge soprattutto per la sua capacità di “riscrivere” pattern di batteria alterandone completamente le caratteristiche percussive o ponendone in evidenza solo alcuni kit-piece, ma basta passarci insieme un pomeriggio che subito un mondo di tutt’altre elaborazioni si apre davanti a noi. Sicuramente è un oggetto sperimentale che ha bisogno di tempo e dedizione, ma sa ripagare con suoni mai sentiti prima. Da non sottovalutare infine anche il suo potenziale correttivo e non solo creativo.

 

Tverb

Tverb nasce da una visionaria idea che Tony Visconti, il leggendario produttore di David Bowie, ebbe nel 1977 durante le sessioni di “Heroes”: Visconti era rimasto con una sola traccia libera sul nastro ma voleva catturare tre diversi microfoni che, all’interno della storica e grande  Meistersaal concert hall degli studi Hansa, riprendevano la voce del Duca Bianco con crescenti livelli di ambienza. Un microfono infatti era posizionato davanti a Bowie, uno a metà e uno in fondo alla sala. L’ideale sarebbe stato registrarli su tre tracce separate da dosare poi all’occorrenza in fase di mixdown, ma avendo una sola traccia libera a Visconti toccò inventare un trucco geniale: il secondo e il terzo microfono (quelli più distanti) vennero fatti passare ciascuno dentro un noise-gate separato, e poi mixati col primo. Il passo successivo fu regolare i livelli e soprattutto le soglie dei gate: Mic 1 riprendeva l’intera performance; Mic 2 aveva un gate con soglia media che faceva passare solo i segnali da medio a forte, e così si apriva unicamente quando Bowie cantava in maniera più sostenuta; Mic 3 infine, posto in fondo alla sala, aveva un gate settato con soglia alta, e si apriva solo quando Bowie cantava con il massimo della foga. In questo modo solo i passaggi di maggiore intensità venivano effettati dalla grande ambienza naturale della Meistersaal, e solo quelli fortissimi usavano anche la ripresa dal fondo.

Tverb ricrea in virtuale il trick di Visconti e si presenta con un’interfaccia grafica divisa in due parti: in quella superiore (“Room”) vi è una rappresentazione skeumorfica della sala di ripresa e dei tre microfoni al suo interno, mentre in quella inferiore (“Console”) vi sono i comandi di livello, compressione, gating ed effetto. Lavorando in “Room” si comincia quindi col disporre i Mic 2 e 3 nella posizione desiderata (Mic 1 è fisso): man mano che essi vengono spostati in avanti e indietro cambiano il predelay e le early reflections raccolti da essi, mentre spostandoli a destra e a sinistra cambia la quantità di riflessioni raccolte da una parete laterale o dall’altra. Ciascuno dei tre microfoni può essere impostato su tre figure polari (cardioide, omnidirezionale, figura a 8), dotato di filtro passa-alto (con taglio a 150 Hz) e passa-basso (con taglio a 8 kHz). In questa maniera si può far sì che la timbrica catturata da ciascun microfono, e quindi il riverbero che essi convogliano, sia differente. A questo punto ci si sposta in “Console” e si regolano i parametri dei tre diversi microfoni di ripresa. Per ciascun microfono si possono regolare livello e panpot e tramite tre switch invertirne la fase, metterlo in Mute o in Solo. Queste due ultime opzioni sono utilissime per “costruire” il riverbero complessivo ascoltandone le singole componenti. Vi sono poi i processori di dinamica, che giocano un ruolo importantissimo nella gestione del suono di Tverb: Mic 1 ha un compressore coi tradizionali comandi di soglia, ratio, attacco, rilascio e gain, e serve essenzialmente per scolpire la dinamica del segnale diretto. Mic 2 e Mic 3 hanno invece un gate che permette di silenziarne il segnale sotto una certa soglia, creando appunto il trucco sopra descritto dei microfoni di ambienza che si aprono solo coi segnali più forti. Veniamo ora ai due moduli globali di Tverb: Room controlla l’algoritmo di riverbero vero e proprio come si farebbe in un processore tradizionale e quindi permette regolazioni di Decay (fino a 7 secondi), di Diffusion e di attenuazione delle alte e basse frequenze. Master invece controlla il livello globale di uscita di Tverb.

Per la sua impostazione, Tverb è un processore adatto a essere usato soprattutto in insert in un canale di voce, e difatti alcuni suoi preset sono focalizzati proprio sulla riproposizione dei suoni di Visconti elaborati per Bowie. La versatilità di questa rendition digitale consente però di impiegare Tverb anche in altri contesti, e così nella lunga lista di preset sono presenti molti suoni dedicati alla chitarra acustica, al piano e alle percussioni. Non si deve infatti incorrere nell’errore di pensare che Tverb sia utile solo se dovete fare la cover di Heroes, ma al contrario esso in uso si rivela un riverbero particolare e versatile, con un’impronta ben specifica che lo pone a complemento e non in sovrapposizione con gli altri riverberi del pacchetto Eventide. Tverb ha infatti sempre un’impronta naturale, con una coda di riverbero semplice e organica ma molto efficace. Può servire per dare l’impressione di un grande ambiente dal decadimento naturalmente ricco, ma anche per “giocare” con riverberi che grazie al gating appaiono e scompaiono in maniera dinamica, dando quindi molto movimento al pezzo e prestandosi a enfatizzarne i passaggi più intensi. Tverb insomma garantisce un approccio alla riverberazione molto particolare, ma va provato su voci e strumenti solisti per dare loro una patina unica.

 

UltraTap

UltraTap nasce sul modello concettuale di un eco a nastro dotato di più testine, ma grazie alle possibilità date dalla tecnologia di virtualizzazione gli effetti realmente ottenibili vanno molto più in là e arrivano ai riverberi, alle modulazioni e ai suoni fortemente ambientali. Il plug-in qui recensito è il porting in ambiente PC dell’algoritmo e dei preset di H9, anche se in realtà l’effetto di base fece la sua prima comparsa in un prodotto Eventide con l’SP2016 del 1982. Dopo un predelay che stabilisce quanto tempo deve passare prima che inizino le ripetizioni dell’eco, il ritardo complessivo di UltraTap è regolato dalla manopola Lenght: qui il delay è espresso in valori musicali o in millisecondi a seconda se UltraTap sia stato messo in Sync con la DAW. Tale delay viene poi suddiviso in tap, simulando appunto gli echi a nastro con più testine che avevano più punti di lettura del segnale ritardato e così davano luogo a ritardi plurimi. La manopola Taps ammette valori tra 1 e 64, potendo generare pattern anche molto, molto complessi. In combutta con essa agisce il comando Spread, che distribuisce nel tempo tali tap: per valori positivi e via via più alti i ritardi saranno sempre più brevi e accelerati verso la fine della coda, mentre per valori negativi i ritardi si accumuleranno soprattutto all’inizio di tale coda, per un effetto complessivo di rallentamento del delay man mano che la coda evolve. Sono concetti un po’ difficili da immaginare nel loro risultato audio se non si ha sottomano il plug-in. Taper è un altro controllo che va provato per essere compreso appieno: per valori positivi aumenta l’attenuazione dei ribattuti verso la coda e per valori negativi invece ne aumenta il volume man mano che la coda sfuma. Si prosegue con Width che permette di aprire i diversi ribattuti sul panorama stereo e poi con Tone che li rende più o meno brillanti. Si torna sul complesso col parametro Slurm, che ove ingaggiato aumenta man mano le irregolarità temporali e di intonazione dei ribattuti, creando effetti di stonatura e di movimento che possono essere lievi ma anche assai accentuati. Chop è invece un parametro che lavora sul segnale prima dei tap e lo rende variabile in livello in modo ciclico (Tremolo) o in base al livello del segnale diretto (Gate) secondo diverse logiche di intervento. Se non vi pare ancora abbastanza anche UltraTap, come già Blackhole, dispone della possibilità di passare tra due setting completamente diversi di effetto, in maniera secca (Hotswitch) o graduale (Ribbon).

In prova UltraTap dimostra la sua unicità nell’ambito dei processori di delay/riverbero: riesce a generare suoni molto mossi e vivi, col segnale ritardato che non rimane lì “fermo” a ripetersi fino a sparire ma che diventa protagonista, si sposta nel tempo e nel timbro. Si va da effetti in cui i singoli tap si sentono distintamente separati, a preset in cui UltraTap ti immerge in un campo riverberato, sintetico eppure omogeneo e piacevole. Molto valida è la sua applicazione su rullanti, clap ed elementi ritmici cui impartire movimenti anche irregolari, crescendi o accelerandi. UltraTap è inoltre imbattibile per fare aloni ambient, cascate di riverbero, glitch e per dare la sensazione di ribattuti irregolari e profondamente distorti. In definitiva un plug-in dal suono modernissimo, che potrà soddisfare soprattutto gli appassionati dell’elettronica più sperimentale e irregolare, applicata sia ai suoni sintetici che a quelli chitarristici o vocali.

 

Mangledverb

“To mangle” in inglese significa straziare, distruggere, fare scempio di qualcosa. Mangledverb è dunque un processore in cui un riverbero viene poi “straziato” da un distorsore posto a valle di esso. Con esso è quindi possibile ottenere suoni che vanno da una coda sottilmente sfrigolante come può essere quella di un archetto sul metallo per arrivare a tuoni e sonorità da oltretomba, con tutto quello che ci può essere in mezzo a questi due estremi.

Il fattore di forma, che ricorda un pedale fisico,  è lo stesso di Blackhole e UltraTap, e del resto Mangledverb è porting diretto dell’algoritmo del già citato H9 e di Space, che a sua volta derivava dall’algoritmo sviluppato per il processore a rack Eclipse. Predelay è il tempo di ritardo prima che parta la coda di riverbero e può essere impostato anche su divisioni musicali quando Mangledverb è in sync con la DAW. Il comando di Decay dosa la lunghezza del riverbero ma per valori inferiori a 70 innesca code tipiche di un riverbero in reverse. Size determina la dimensione virtuale, ma con settaggi bassi può anche accorciare la coda fino a non farla percepire come un riverbero vero e proprio ma come un segnale distorto senza ritardi. Wobble è invece un controllo che modula la coda del riverbero e l’unica manopola disponibile dosa sia la velocità che la profondità di intervento, fino ad arrivare a regolazioni molto spinte. Dopo il riverbero e prima del distorsore c’è uno stadio di EQ che si basa su due comandi a frequenza fissa (Low e High), più un filtro semiparametrico Mid con frequenze di intervento tra 300 e 2000 Hz. Arriviamo quindi al distorsore: Softclip/Overdrive è una manopola che ha due funzioni distinte nelle due diverse metà della propria corsa. In quella iniziale dosa un primo tipo di distorsione più sottile e morbida, mentre nella seconda innesca l’Overdrive più marcato. Come già visto per Blackhole e UltraTap, anche qui l’Hotswitch consente di alternate due settaggi completamente diversi del plug-in mentre il Ribbon fa un morph continuo tra i due.

Teoricamente Mangledverb non fa nulla di speciale e soprattutto nulla che non sia ottenibile dalla combinazione di un riverbero e un distorsore che avete già. Tuttavia la facilità e l’immediatezza di questo plug-in lo rendono la scelta ideale per una serie incredibile di sonorità contemporanee e molto attuali: oltre agli scontati usi in ambito cinematico e di sonorizzazione, Mangledverb eccelle per esempio in tutte le declinazioni del metallo più pesante, dal Goth fino ad arrivare ai suoni Industrial. Molto potente e creativo il suo uso anche in ambiti lo-fi ad ampio spettro, dal rock più caldo alle recenti tendenze Lo-Fi House. In definitiva, un processore che sulla carta può apparire limitato ma che poi alla prova del suono entusiasma per la bellezza dei suoni strettamente contemporanei che permette di ottenere con facilità.

 

2016 Stereo Room

Si tratta della rendition digitale dell’omonimo algoritmo contenuto nel riverberatore hardware SP2016 rilasciato da Eventide nel 1982, quindi all’alba dell’era del trattamento digitale dei suoni. Già allora però i tecnici americani erano riusciti a scrivere e poi implementare in hardware un algoritmo di Room Reverb molto naturale e bensuonante. Andando ad ascoltare il “2016” si sente chiaramente il bel suono caldo dei riverberi degli anni ’80, quelli avvolgenti, pastosi e capaci da soli di “tenere su” una parte solista di voce o di chitarra che acquista subito spessore, grande presenza, colore e carattere. Il nuovo 2016 Stereo Room ricrea dunque questo effetto, con l’ulteriore beneficio di essere un processore assai leggero sulla CPU del computer perché l’algoritmo è tanto musicale quanto semplice: del resto nel 1982 doveva essere così, perché allora le potenze di calcolo odierne erano semplicemente un sogno. Il plug-in dunque, al netto dei soliti controlli di livello di ingresso e di mix, offre comandi per Predelay, tempo di riverbero (qui tecnicamente definito RT60 in quanto è il tempo in secondi che il segnale impiega per calare di 60 dB), Diffusion (che regola la “complessità” del pattern di riflessione simulando pareti più o meno lisce e riflettenti) e un parametro detto Position che originariamente non era presente nell’hardware di riferimento. Position sposta la sorgente sonora tra il fronte e il fondo della stanza virtuale, alterando il mix tra le Early Reflections e la coda del riverbero. Vi sono poi i comandi di equalizzazione del segnale riverberato: Bass permette di variare il segnale da -8 a +4 dB con frequenza di taglio selezionabile tra 50 e 500 Hz, mentre High controlla il livello tra -8 e 0 dB della gamma selezionabile tra 1000 e 8000 Hz.

In prova il 2016 Stereo Room dimostra prontamente tutte le caratteristiche indicate dal costruttore: anzitutto è leggerissimo e quindi se ne possono impiegare più istanze anche su computer non recentissimi, ma soprattutto colpisce per la bellezza di alcuni suoni che riesce a offrire. Applicato sulle voci e sulla chitarra elettrica fa subito quell’effetto da FM-music tipica degli anni ’80 americani, un suono bello e ricco anche se non straordinariamente aereo e naturale. Il 2016 è infatti un bellissimo riverbero algoritmico da studio che per settaggi estremi può suonare sgraziato e fuori luogo, ma che nell’ambito del suo range di azione offre un suono caldo, accogliente e che sta bene dappertutto. Non lo userei nei generi più ruvidi e industriali, ma dal rock alla house alla chill-out ha ancora oggi molto da dire. Anzi, moltissimo!

 

Anthology XI, vista d’insieme

Questa recensione riguarda forzatamente solo i sei nuovi processori inclusi nella versione XI di Anthology, ma non dimentichiamo che questa raccolta offre in totale ben 23 plug-in realizzati da uno dei massimi esperti mondiali di effettistica creativa. È davvero impossibile elencare in un articolo di dimensioni ragionevoli, anche solo al volo, i tratti salienti di tutti i prodotti inclusi, eppure mi sento di raccomandare Anthology XI a chiunque abbia uno studio personale con ambizioni elevate, oppure un project studio anche piccolo. È davvero incredibile la quantità di suoni ed effetti che si riesce a tirar fuori dal package Eventide, con una gamma di sonorità che vanno dal vintage all’attualità più spinta. Dei sei processori inclusi nella nuova versione non ce n’è uno solo che non valga la pena di sentire perché il loro carattere è davvero creativo e sperimentale e può aiutarvi ad andare oltre, molto oltre ai banali echi e riverberi di processori più standard. Blackhole, UltraTap e Mangledverb sono tool straordinari di sound-design che possono darvi un potenziale sonoro completo e autonomo, quasi aveste aggiunto un nuovo strumento al vostro set. Tverb è un riverbero particolare e di impiego non vastissimo, ma è affascinante per la sua naturalezza ed espressività. 2016 Stero Room al contrario è il classico riverberone all’americana, caldo e “poppissimo”, un suono che non deve mancare a nessun produttore. Infine Fission, l’oggetto più sperimentale e difficile da capire, almeno in prima battuta: personalmente lo vedo perfetto in mano ai producer più elettronici, a quelli interessati agli aspetti più “glitchosi” della musica degli ultimi 10 anni e che sul comodino hanno le foto di Aphex Twin e degli Autechre, anche se magari poi fanno musica da ballare: Fission è un mondo in cui perdersi, un pianeta tutto da esplorare, un potenziale sonoro forse non sterminato ma vastissimo certamente sì.

E poi c’è il resto, ovvero la tanta, tantissima roba buona di Eventide: i due moduli basati su H3000 in particolare sono sconvolgenti e alzano tantissimo il valore del pacchetto, con H3000 Factory che da solo contiene 450 preset di eco, riverbero e modulazioni che sono semplicemente incredibili per potenza e varietà sonora ottenibile (guardatevi la demo video sotto). C’è UltraReverb, ovvero il riverbero “tradizionale” – se questo aggettivo può avere senso in un prodotto Eventide –  che offre ben nove algoritmi diversi (Hall 1 & 2, Chamber 1 & 2, Room 1 & 2, Plate 1 & 2, Ambience). Esso completa a meraviglia i vari riverberi più particolari descritti sopra, e offre una base di altissima qualità per quei producer che usano soprattutto riverberi algoritmici dal suono piacevolmente “costruito”.

Passando al trattamento del pitch che da sempre è specialità di Eventide, Quadravox e Octavox sono due harmonizer dei nostri giorni, rispettivamente a quattro e otto voci che possono essere gestite molto intuitivamente da rigo di partitura o da parametri numerici per un risultato molto musicale e potenzialmente assai complesso. H910 e H949 sono invece le riedizioni dei vecchi e storici harmonizer degli anni ’70 e ’80 coi loro suoni artefatti, ma che ancora oggi riescono a dare suoni attuali grazie alla loro “speziatura” particolare.

Il fronte delle compressioni è quello ove Anthology XI è forse meno equipaggiato: Il pacchetto contiene infatti Omnipressor, che è un compressore particolare che riesce a passare dal gate, all’expander, al comp più propriamente detto, al limiter. Il carattere di Omnipressor è soprattutto imperioso e il plug-in riesce al meglio in compiti di pompaggio e nel rendere esplosivo il materiale che gli passa attraverso, con un’indole molto rockettara. Per una compressione eufonica e adatta ai vocal (alla LA-2A per esempio) e per quella incisiva ma ancora lucida tipo 1176 io guarderei altrove, ed è quindi questa l’area che Anthology XI copre meno.

Il pacchetto Eventide poi è completato da un flanger, un phaser, un EQ e un filtro peak/notch derivati da due modelli vintage di UREI, un tool per allineare temporalmente le tracce con una precisione di 1/64 di sample e compensare così eventuali differenze di fase in riprese multimicrofoniche. Infine, vi sono un channel strip completissimo che combina in un unico plug-in preamplificazione, EQ, compressione e ritardi derivati da altri moduli (UltraChannel), e un secondo channel strip semplificato e più leggero sulla CPU (EChannel).

Complessivamente le prestazioni dei plug-in sono molto buone, la stabilità (testata su Windows 10) è eccellente e quasi nessuno di essi è veramente pesante sulla CPU. Volendo proprio sollevare una critica, si potrebbe dire che i plug-in più complicati (H3000, UltraReverb, UltraChannel) hanno un’interfaccia utente molto affollata che beneficerebbe di maggiori dimensioni o di una versione resizable. Ma sono piccolezze.

 

Conclusioni

Di plug-in di equalizzazione, compressione, riverbero, delay e modulazione ormai sul mercato ce ne sono a migliaia. Di questi, molti sono indistinguibili da tanti altri. Non così con Eventide, che grazie alla sua ormai quasi cinquantennale esperienza e a tutte le innovazioni che ha saputo creare nei decenni scorsi, ha un know-how e un “magazzino algoritmi” pressoché unico al mondo. Così come i processori hardware Eventide sono stati innovativi e visionari ai loro tempi, oggi i plug-in del marchio americano continuano la tradizione della casa con suoni e funzioni che nessun’altra casa è capace di offrire. Anthology XI raccoglie tutte queste esperienze all’interno di un unico pacchetto e mette una straordinaria messe di suoni, colori, effetti nelle mani del musicista e del fonico con elevate capacità creative.

Anthology XI è un package che qualunque studio-owner seriamente impegnato nel suo lavoro e nella sua passione dovrebbe avere, ed è in grado di dare infinita “benzina” creativa a chi lavori pesantemente sui suoni ITB. A questo punto rimane solo da ragionare sul prezzo: il pacchetto completo costa attualmente 1.799 dollari USA, ovvero una cifra importante che solo pochi si sentono di investire in software. Anzitutto vi è da dire che tale cifra appare comunque proporzionata al valore sonoro, storico e funzionale di quanto offerto, ma soprattutto va rimarcata la politica di upgrade di Eventide che consente a chi abbia già altri prodotti della casa di pagare Anthology XI cifre significativamente minori. Va inoltre evidenziato come lo sviluppatore statunitense effettui periodicamente delle offerte che consentono ulteriori riduzioni, anche molto importanti, per cui se Anthology XI finisce nei vostri radar il consiglio è quello di tenere il sito e la newsletter di Eventide sotto periodica osservazione.  Infine, va rilevato come per questo package sia disponibile anche una politica di noleggio basata su canoni periodici di 29,99 $ al mese: so bene che questa è una formula che sta incontrando notevoli resistenze tra l’utenza italiana perché in molti hanno segnalato che non gradiscono di pagare per non avere nulla di permanente in cambio. In realtà la subscription costa come un acquisto rateizzato, in considerazione del fatto che contiene anche il diritto agli upgrade e ai nuovi prodotti futuri, che genererebbero comunque ulteriori costi di acquisto più avanti.

In definitiva, Anthology XI non è certo un package per principianti visto che il suo costo è importante, ma il professionista non potrà fare a meno di ammirare la completezza dell’offerta, la incredibile varietà delle sonorità ottenibili e il profondissimo potenziale creativo di questi plug-in. Fortemente raccomandato.

 

Scheda tecnica

Prodotto: Eventide Anthology XI
Tipologia: Raccolta di processori virtuali
Dati tecnici forniti dal costruttore:
Formato: AAX, AU, VST 2
Protezione: Autorizzazione tramite sistema iLok
Requisiti sistema: Mac OS-X 10.7 o superiore – Windows: 7 o superiore
Prezzo: 1.799 Dollari USA – Disponibili numerose offerte di upgrade da altri prodotti Eventide
Distributore: Eventide

 

FAQ

“Ma 23 prodotti non sono un po’ tanti? Sono tutti necessari? Non si corre il rischio di fare confusione?”
No, ciascun processore di Anthology XI ha la sua ragion d’essere. Occorre sicuramente approcciare il pacchetto con calma e studiare i diversi plug-in uno dopo l’altro e non tutti insieme, ma con l’apprendimento e la sperimentazione si riesce in tempi molto ragionevoli a sfruttare tutte le enormi potenzialità del package. Solo tra i diversi riverberi ci può essere spazio per alcune sovrapposizioni, ma in realtà ciascuno di essi ha una voce e delle funzioni proprie e assai ben definite.

 

“L’autorizzazione è tramite iLok: serve la chiavetta?”
No, da qualche anno iLok può autorizzare su chiavetta USB dedicata, oppure su un PC scelto dall’utente. La chiavetta non è quindi obbligatoria.

 

“È possibile il controllo dei plug-in tramite comandi MIDI?”
No, i plug-in di Anthology XI non sono attualmente controllabili via messaggi come per esempio i MIDI CC, anche se ciò sarebbe auspicabile negli update futuri, specialmente per gli effetti che simulano gli stomp-box.

 

 

Giulio Curiel

Giornalista della storica rivista Strumenti Musicali dal 1993 al 2016, ho scritto oltre 1200 articoli su synth, studio technology e computer music. Se non so di cosa parlo, sto zitto.

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