Softube Parallels, il soft-synth che non ti aspetti
Dici Softube e pensi alla pregevole Console 1, alle validissime emulazioni di EQ e compressori vintage. Ma difficilmente ti viene in mente Parallels, che invece è un sintetizzatore digitale non emulativo che ha un suono incredibilmente interessante…
Softube nasce nel 2003 a Linköping, in Svezia, come spin-off del lavoro di tesi di laurea di Oscar Öberg. Da allora l’azienda si è arricchita di altri studenti e docenti dell’Università di Linköping, fino ad arrivare a contare più di 30 collaboratori. Nel tempo Softube è diventata famosa soprattutto per le sue fedeli emulazioni software di pre, equalizzatori, compressori, riverberi e delay di chiara matrice vintage, anche se in catalogo non mancano prodotti originali che non emulano nulla come per esempio il pregevolissimo riverbero TSAR-1. Softube inoltre è entrata da qualche tempo nel settore dei soft-synth con il progetto Modular, ovvero un frame di synth modulare che nel pacchetto base modellizza sette componenti Doepfer e che può essere espanso con ulteriori moduli a pagamento che emulano fedelmente hardware reali di 4ms, Buchla, Intellijel, Doepfer e Mutable Instruments.
Fino ad ora però nel catalogo Softube mancava un synth digitale integrato: entra Parallels, e fornisce uno strumento che è basato su una visione originale della catena di sintesi per dar luogo a un suono bello e contemporaneo. In premessa giova dire che è un polifonico a 14 voci capace di sonorità complesse, ma andiamo a esplorarne l’architettura inusuale.
Parallels e la sua idea
Il soft-synth in prova su questa pagina non emula nulla, e lo si capisce bene dalla sua interfaccia utente con grafica astratta e non-skeumorfica. Parallels nasce sulla base di un’idea di Johan Antoni, il proprietario di un negozio di synth a Stoccolma.
Nel suo negozio Johan ospita soprattutto synth vintage e particolari, e narra di aver tratto l’ispirazione di Parallels dal Korg 800DV e dall’Oberheim TwoVoice: entrambi questi synth, pur diversissimi tra loro, si basano sull’uso di due catene di sintesi messe in parallelo tra loro, o se preferite su due layer di sintesi totalmente distinti. Essi, combinando due percorsi indipendenti ciascuno dotato di oscillatore, filtro e amplificatore, consentono la creazione di suoni potenti e multiformi. Antoni ha allora voluto riportare questa organizzazione di voce in un soft-synth, e nel comparto degli oscillatori ha integrato il tutto con il concetto di “source waveform” che si basa sulla disponibilità di numerosi suoni multicampionati (da strumenti vintage e moderni). Questi suoni non sono però delle waveform a ciclo singolo, ma piuttosto dei droni evolutivi che formano una specie di lunga wavetable. È poi possibile leggere ciascuna wavetable da un punto di start a piacere, ma non pensate a una sintesi in stile PPG ove ciascuna tabella riporta un numero finito di forme d’onda a ciclo singolo.
All’inizio l’idea non è facilissima da capire perché implementa in modo originale concetti che appartengono un po’ al sampling, un po’ alla sintesi granulare e un po’ al mondo delle wavetable. Nella pratica però i generatori di Parallels sono semplicissimi da usare grazie al fatto che le waveform campionate possono essere lette e modificate in modo intuitivo grazie a una semplice interfaccia grafica: la waveform selezionata viene “avvolta”, wrappata in modo circolare attorno a una grande manopola denominata Color che ne gestisce il punto di inizio lettura, e la cui scansione può essere automatizzata tramite le modulazioni. Muovendo Color ci si sposta quindi lungo la waveform e si modifica pesantemente la sorgente sonora-origine.
Compreso il principio base, l’architettura completa di Parallels è invece più semplice da cogliere rispetto ad altri soft-synth cui questo strumento verrà inevitabilmente accostato (Arturia Pigments, NI Massive e Massive X, Xfer Serum) ed è visualizzabile a colpo d’occhio in un’unica schermata: le due catene di sintesi messe in parallelo secondo il modello concettuale dei synth Korg e Oberheim citati sopra occupano il centro della GUI, e ognuno dei due layer ospita il citato generatore a waveform campionate (Source Section), l’inviluppo di ampiezza e il filtro multimodo (Shaper Section). Le due colonne sinistra e destra della GUI si occupano rispettivamente di gestire quattro slot di modulazione indipendenti (Mod Pod) e cinque effetti collegati in cascata. Si tratta davvero di un’architettura molto facile da comprendere e gestire, ma resa in realtà molto potente dalla completa configurabilità di ciascun modulo (a parte gli effetti, che sono fissi) e dall’ampia modulabilità.
Source Section
Gli “oscillatori” di Parallels contano come detto su delle waveform complesse multicampionate: a disposizione ve ne sono 97, raccolte nelle categorie Digital Synth, Analog Synth, Combo, Chords, Drones, FM, Physical Mod, Stacked, Distorted, Environment, Chaos. È dunque evidente che lo strumento non è affatto destinato a scopi unicamente emulativi, anzi direi che la componente di suoni contemporanei è predominante. Le 97 waveform si scelgono tramite due menu drop down nidificati, oppure selezionandole sequenzialmente con due freccine.
La lettura della waveform prescelta avviene in loop oppure in modalità One Shot: in questo secondo caso Parallels si comporta come lo storico Mellotron perché la sorgente suona per i tot secondi in cui è stata campionata, per poi terminare nel silenzio. Va evidenziato come i campionamenti usati siano molto lunghi e cambino veramente tanto nel tempo, per cui se si opta per l’esecuzione in loop si ottengono variazioni pesanti del timbro con delle ciclicità ben avvertibili in audio.
La posizione di inizio lettura della waveform prescelta viene determinata dal già descritto comando Color: ruotandolo ci si posiziona in punti diversi del campione e si ottengono suoni di partenza molto diversi. Il bello inizia però quando si comincia a modulare tale comando: un inviluppo denominato Color Movement si articola sui due segmenti Attack e Decay e agisce solo quando la waveform viene letta in loop: Attack determina lo spostamento in avanti del punto di start e di inizio loop della forma d’onda, mentre Decay fa spostare punto di start e inizio loop all’indietro. È difficile capire davvero cosa fa questo inviluppo finché non lo si sente all’opera, e questo perché le waveform a disposizione sono davvero tanto cangianti man mano che vengono scansionate.
Il campione può essere poi trasposto di +/- un’ottava, accordato finemente in un range di +/- 12 semitoni e sottoposto o meno all’azione del vibrato. La profondità di quest’ultimo comando viene determinata esclusivamente via MIDI tramite il messaggio di Modulation Wheel: mettere una manopola per dosare l’effetto sarebbe costato niente, ma evidentemente la filosofia di Parallels è di avere pochi, essenziali comandi e non mille controlli di dettaglio come avviene in certi altri soft-synth, che poi diventano inusabili per quanto sono complessi.
Come detto questo modulo comprende anche un suo proprio inviluppo di ampiezza: si tratta di un ADSR in cui però le fasi di Decay e Release sono linkate tra loro come nello storico Minimoog e non possono essere regolate separatamente. Trattandosi di un soft-synth trovo questa limitazione assolutamente inutile e penalizzante, anche se mentre scrivo la recensione ho già compreso che il focus di Parallels è tutto sull’usabilità e intuitività per cui anche questa scelta è stata certamente dettata da un obiettivo di immediatezza.
Shaper Section
Ciascuno dei due layer di Parallels dispone di un proprio filtro multimodo denominato Shaper Section: in tale area dello strumento si può scegliere tra un Low-Pass Gate (LPG) di ispirazione Buchla, un filtro a stato variabile (SVF) di spirito Oberheim e un banco di tre risuonatori (RES).
Qualunque sia il tipo di filtro selezionato, il modulo dispone sempre di tre comandi a manopola, ma la loro funzione varia appunto in funzione della topologia di filtro. Inoltre è possibile anche agire graficamente sulla curva di filtraggio, modificando col mouse tutti e tre i parametri direttamente.
In modalità LPG, cutoff e resonance hanno la loro funzione tradizionale mentre Slew regola la velocità di reazione del filtro alla modulazione tra 20 e 2000 msec per emulare la tipica lentezza di risposta di un circuito basato su vactrol.
In modalità SVF, oltre a cutoff e risonanza, vi è un terzo parametro che gestisce in modo continuo la topologia di filtraggio da passa-basso, a passa-banda, a passa-alto.
Infine, in modalità RES abbiamo un parametro Frequency che sposta in alto o in basso i tre risuonatori disponibili, uno Spread che li avvicina/allontana e un Tilt che sposta verso le alte o basse frequenze la banda delle tre che viene maggiormente esaltata.
In uscita al filtro è posto il comando Source Mix, ovvero un manopolone a cavallo dei due layer che ne dosa il bilanciamento di volume in uscita. Dei piccoli pulsanti consentono inoltre di copiare le impostazioni della sezione Shaper superiore in quella inferiore o viceversa, nonché di scambiare la superiore con la inferiore. In questo modo diventa agevole e immediato usare lo stesso tipo di filtraggio per i due layer, oppure invertirne l’azione.
Mod Pod
Con questa denominazione viene identificata la sezione a sinistra dello schermo che contiene quattro slot di modulazione indipendenti denominati Mod A/B/C/D. Per ciascuno di essi è possibile scegliere tra cinque tipi di modulatori differenti denominati LFO, RND, EUC, ENV, SEQ, ed editarne i parametri tramite slider grafici. Andiamo a conoscerli più da vicino.
LFO è un tradizionale oscillatore a bassa frequenza dotato di comandi Speed (da 0,1 a 50 Hz), variazione continua della Shape, Rise (determina il profilo da parabolico a iperbolico del fronte di salita della waveform) e Sync. Con quest’ultimo setting l’oscillatore di bassa frequenza si aggancia al tempo della DAW e può essere regolato su valori musicali da quattro battute a 1/16. Mancano i valori puntati e terzinati, così come manca la selezione tra più forme d’onda classiche.
RND è un generatore di modulazione che emette dei pacchetti di impulsi casuali la cui ciclicità è gestita da un comando denominato Rain perché la metafora scelta è quella della pioggia: con valori bassi siamo davanti a una leggera “pioggia di impulsi casuali”, mentre per valori alti essa aumenta di intensità. Restando nella metafora è anche possibile premere un pulsante Storm che modula l’uscita del modulo con una sorgente di rumore bianco decorrelato. In pratica la sperimentazione è qui d’obbligo per generare il segnale di modulazione desiderato.
EUC è un generatore euclideo di eventi di gate spaziati ritmicamente all’interno di una battuta per il tramite di tre parametri denominati Steps (numero di eventi per battuta), Fill (la percentuale degli eventi di gate che emetterà un trigger), e Shift (sposta gli eventi in avanti o indietro nella battuta).
ENV è un inviluppo configurabile come ASR o ADSR in cui il segmento di Decay, quando attivato, si controlla insieme a quello di Release e quindi anche in questo caso non vi è controllo individuale di tutti e quattro gli stadi.
SEQ infine è uno step sequencer a 16 passi in cui il primo e ultimo step possono essere decisi liberamente. Un parametro Slew determina quanto la transizione tra uno step e l’altro sia graduale o netta, mentre Trig permette, se attivato, che uno step emetta solo segnali a 0 o 100% di modulazione.
Complessivamente questi modulatori sono molto poco tradizionali e dimostrano più di qualche ispirazione presa dal mondo dei modulari contemporanei, prestandosi facilmente a fornire quel tipo di “casualità controllata” che oggi sembra avere grande spazio in musica.
La gestione delle modulazioni
Abbiamo visto che Parallels permette di gestire le quattro sorgenti di modulazione A/B/C/D selezionando per ciascuna di esse uno dei cinque moduli sopra descritti. Ma dove vanno a finire queste modulazioni? Come si gestiscono? È presto detto: i comandi rotativi della GUI ammettono uno schema di modulazione che somiglia molto a quello dei “Saturn Rings” del Native Instruments Massive: cliccando sulla corona esterna di un comando rotativo e draggando il mouse in verticale si aumenta la profondità di modulazione su quel parametro. Dove però Parallels è totalmente originale è nel mix delle sorgenti di modulazione: col dragging si apre infatti un pannellino volante con due box quadrati a destra e sinistra, e in mezzo a loro uno slider. In ciascuno dei due box si seleziona una delle sorgenti di modulazione A/B/C/D del Mod Pod, e col fader si dosa il loro mix. Quindi, prendendo a esempio il caso nella schermata sottostante, è possibile mixare tra loro Mod A (che qui è un LFO) e Mod B (che qui è un generatore casuale):
Avremmo naturalmente potuto selezionare come sorgenti anche gli altri slot C e D del Mod Pod, e questo vale per ciascuna destinazione modulabile. Questo schema coniuga ancora una volta semplicità operativa con potenza timbrica, perché combinando in modo diverso quattro sole sorgenti su destinazioni diverse è possibile ottenere davvero un caleidoscopio di modulazioni e quindi sonorità.
Gli effetti
Spostandosi sulla destra dell’interfaccia grafica di Parallels si arriva al blocco effetti: qui si vede tutta la perizia di Softube in materia e si hanno a disposizione cinque slot dedicati ad altrettanti processori.
Troviamo dunque Distortion, Chorus, Flanger, Delay, Reverb, collegati tra loro in serie e in ordine non modificabile. Ogni effetto ha due comandi per altrettanti parametri timbrici, più un terzo per il mixaggio Dry/Wet e un interrutore On/Off. Non vi sono esoteriche configurazioni serie/parallelo da opzionare, non vi è la possibilità di scambiare tra loro i blocchi, e soprattutto in Parallels non vi sono EQ e compressori per aggiungere artificialmente una “pacca” che magari in altri synth manca alla catena di sintesi vera e propria.
In prova gli effetti si dimostreranno di elevata qualità timbrica e di pasta molto naturale ed eufonica, cosa niente affatto comune in tanti plug-in di effetto che spesso mi capita di provare: sarà proprio questa naturalezza a inserirsi perfettamente nella sonorità organica di Parallels, arricchendola molto pur senza mai snaturare ciò che esce dalla catena di sintesi propriamente detta.
La gestione dei preset
Come d’obbligo, Parallels giunge con una ricca collezione di preset, anche se non sterminata come nel caso di altri soft-synth concorrenti. Alcuni preset sono curati da nomi famosi e tra questi mi piace citare quelli di BT e INHALT, che a mio parere hanno colto al meglio lo spirito sonoro di Parallels e hanno disegnato quindi dei preset molto musicali e godibili. Nella lista dei contributor non poteva ovviamente mancare anche Richard Devine, personaggio che io apprezzo poco e i cui preset per questo synth – spocchiosamente privi di descrizione del timbro contenuto ma etichettati tutti unicamente come “Preset by Richard Devine” – sono più rumoristico/effettistici che melodici.
I preset vengono selezionati tramite un sistema di tagging che prevede l’uso di numerose etichette, nonché di ranking che vede comparire più in alto i preset con più stelle di gradimento dell’utente. Inoltre la collezione di preset è ricercabile per nominativo, e naturalmente l’utente può crearne di propri.
In uso
Parallels non è un synth qualunque: lo si capisce già dopo il primo preset, in cui lo scorrimento evolutivo della waveform wrappata attorno alla manopola Color evidenzia un suono sempre cangiante e quindi inadatto a timbri statici. Parallels invece si muove sempre, è facile e intuitivo da usare ma, per un impiego consapevole, pretende che il musicista ne legga il manuale per comprenderne al meglio i concetti base.
Più che da ciò che c’è, se si ha un approccio molto tradizionale si rimane inizialmente colpiti da tutto ciò che manca: non ci sono infatti waveform classiche a ciclo singolo, non si importano wavetable esterne, non c’è un’indicazione della pendenza dei filtri, non c’è il segmento di Decay regolabile separatamente negli inviluppi, non ci sono waveform quadre/sinusoidali/Sample&Hold precotte nell’LFO, non c’è lo Unison, non c’è il portamento, la velocity è solo On/Off… Ma in compenso c’è una cosa, una cosa che nei soft-synth spesso manca: il SUONO!
Ebbene sì, Parallels suona dannatamente bene: è pulito, pieno, lucido, tridimensionale, vivo. È uno strumento vero, non un programmino che gira sul vostro computer simulando piattamente il comportamento di uno strumento musicale. Il senso di Parallels è dunque il suono, un gran suono, un bel suono. E anche un suono unico, un suono che difficilmente si sovrappone a quello di altri strumenti già in circolazione. Come detto in apertura, il campionato in cui il synth Softube milita è quello dei digitali non emulativi ma qui l’accento è più forte sui droni, sui suoni atmosferici (assolutamente magistrali quelli programmati da BT!), sui lead distorti, sui pad mossissimi e foschi.
Quando però credi che Parallels sia tutto qui, poi ti imbatti in un liquidissimo pad analogico programmato da Bobeats o in certi suoni lead che fanno un uso epico del Low-Pass Gate e che sembrano letteralmente venirti incontro uscendo dai monitor per quanto sono 3D. Molto belli anche alcuni strings, sempre appartenenti al genere dei “mossi e modulati” più che “statici e glaciali”, e i suoni percussivi che si sposano a meraviglia con sequenze, magari generate a step o con un arpeggiatore esterno, per marcare ritmicamente dei chorus assassini. Meno efficace mi pare la prestazione sui bassi, ma questo non perché Parallels non suoni bene alle basse frequenze (che, al contrario, sono granitiche e pulsanti) ma piuttosto perché c’è una certa difficoltà a fare i suoni di synth-bass più classici. Per quest’ultimo scopo comunque non temete, perché Softube ha in serbo un altro soft-synth denominato Monoment Bass che sto testando in questi giorni…
Conclusioni
Chi mi conosce bene sa che sono abbastanza scettico verso i soft-synth: ormai ve ne sono letteralmente a migliaia, ma in un panorama pur così vasto sono pochissimi quelli che suonano davvero bene e hanno qualcosa di nuovo da dire. Softube Parallels centra entrambi questi obiettivi e fornisce una prestazione che mi ha soddisfatto molto: non credo che possa essere il primo synth per nessuno, ma un solido polifonico atmosferico e dannatamente attuale questo sì. Inoltre è nettamente più facile, intuitivo, immediato da utilizzare di molti altri suoi concorrenti, e anche questo è un valore di fronte a tanti strumenti virtuali che dovrebbero accendere la tua creatività ma poi di fatto la spengono impantanandoti in mille opzioni inutili.
In conclusione, siamo davanti a un bellissimo strumento virtuale, il cui test della versione demo raccomando a tutti quelli che hanno seguito con interesse la mia descrizione. Il prezzo non è bassissimo, ma preferisco pagare e avere pochi soft-synth che suonino bene piuttosto che decine di plug-in a basso costo che mi infestano l’hard disk senza ripagarmi in termini di suoni unici e belli.
A me è piaciuto molto!
Scheda tecnica
Prodotto: Softube Parallels
Tipologia: Sintetizzatore virtuale in dual-wavescanning technology
Dati tecnici forniti dal costruttore
Formato: AAX, AU, VST, VST3, solo 64 bit
Protezione: Autorizzazione tramite iLok (chiave fisica non necessaria)
Requisiti sistema:
Mac OS X 10.12 or newer (older OS versions may work but are not tested)
Windows 64-bit, versions 7, 8 or 10
Intel Core 2 Duo, AMD Athlon 64 X2 or newer
Screen resolution 1280×800 or larger
8 GB RAM or more is recommended
Prezzo: 149,00 Euro IVA inclusa
Distributore: Midiware
Video ufficiale di presentazione
Raccomando la visione di questo video, ove l’inventore di Parallels ne descrive la filosofia e in cui si vedono le principali features del prodotto descritte nell’articolo.